Un Abate è chiamato ad essere un uomo vero, un uomo capace di autorevolezza e di grande attenzione per i suoi monaci. È molto interessante leggere e meditare questo primo capitolo della Regola dedicato alla figura dell’ Abate al quale si richiede una grande cura e un grande amore verso i suoi fratelli.
- , quando uno assume il titolo di Abate deve imporsi ai propri discepoli con un duplice insegnamento,
- mostrando con i fatti più che con le parole tutto quello che è buono e santo: in altri termini, insegni oralmente i comandamenti del Signore ai discepoli più sensibili e recettivi, ma li presenti esemplificati nelle sue azioni ai più tardi e grossolani.
- Confermi con la sua condotta che bisogna effettivamente evitare quanto ha presentato ai discepoli come riprovevole, per non correre il rischio di essere condannato dopo aver predicato agli altri
- e di non sentirsi dire dal Signore per i suoi peccati: “Come ti arroghi di esporre i miei precetti e di avere sempre la mia alleanza sulla bocca, tu che hai in odio la disciplina e ti getti le mie parole dietro le spalle?”
- e ancora: “Tu che vedevi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, non ti sei accorto della trave nel tuo”.
- Si guardi dal fare preferenze nelle comunità:
- non ami l’uno piò dell’altro, a eccezione di quello che avrà trovato migliore nella condotta e nell’obbedienza:
- non anteponga un monaco proveniente da un ceto elevato a uno di umili origini, a meno che non ci sia un motivo ragionevole per stabilire una tale precedenza.
- Ma se, per ragioni di giustizia, riterrà di dover agire così lo faccia per chiunque; altrimenti ciascuno conservi il proprio posto,
- perché, sia il servo che il libero, tutti siamo una cosa sola in Cristo e, militando sotto uno stesso Signore, prestiamo un eguale servizio. Infatti, “dinanzi a Dio non ci sono parzialità”
- e una cosa sola ci distingue presso di lui: se siamo umili e migliori degli altri nelle opere buone.
- Quindi l’abate ami tutti allo stesso modo, seguendo per ciascuno una medesima regola di condotta basata sui rispettivi meriti.
- Per quanto riguarda poi la direzione dei monaci, bisogna che tenga presente la norma dell’apostolo: “Correggi, esorta, rimprovera”
- e precisamente, alternando i rimproveri agli incoraggiamenti, a seconda dei tempi e delle circostanze, sappia dimostrare la severità del maestro insieme con la tenerezza del padre.
- In altre parole, mentre deve correggere energicamente gli indisciplinati e gli irrequieti, deve esortare amorevolmente quelli che obbediscono con docilità a progredire sempre più. Ma è assolutamente necessario che rimproveri severamente e punisca i negligenti e coloro che disprezzano la disciplina.
- Non deve chiudere gli occhi sulle eventuali mancanze, ma deve stroncarle sul nascere, ricordandosi della triste fine di Eli, sacerdote di Silo.
- Riprenda, ammonendoli una prima e una seconda volta, i monaci più docili e assennati,
- ma castighi duramente i riottosi, gli ostinati, i superbi e i disobbedienti, appena tentano di trasgredire, ben sapendo che sta scritto: “Lo stolto non si corregge con le parole”
- e anche: “Battendo tuo figlio con la verga, salverai l’anima sua dalla morte”.
- L’abate deve sempre ricordarsi quel che è e come viene chiamato, nella consapevolezza che sono maggiori le esigenze poste a colui al quale è stato affidato di più.
- Bisogna che prenda chiaramente coscienza di quanto sia difficile e delicato il compito che si è assunto di dirigere le anime e porsi al servizio dei vari temperamenti, incoraggiando uno, rimproverando un altro e correggendo un terzo:
- perciò si conformi e si adatti a tutti, secondo la rispettiva indole e intelligenza, in modo che, invece di aver a lamentare perdite nel gregge affidato alle sue cure, possa rallegrarsi per l’incremento del numero dei buoni.
- Soprattutto si guardi dal perdere di vista o sottovalutare la salvezza delle anime, di cui è responsabile, per preoccuparsi eccessivamente delle realtà terrene, transitorie e caduche,
- ma pensi sempre che si è assunto l’impegno di dirigere delle anime, di cui un giorno dovrà rendere conto
- e non cerchi una scusante nelle eventuali difficoltà economiche, ricordandosi che sta scritto :”Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date in soprappiù”
- e anche: “Nulla manca a coloro che lo temono”.
- Sappia inoltre che chi si assume l’impegno di dirigere le anime deve prepararsi a renderne conto
- e stia certo che, quanti sono i monaci di cui deve prendersi cura, tante solo le anime di cui nel giorno del giudizio sarà ritenuto responsabile di fronte a Dio, naturalmente oltre che della propria.
- Così nel continuo timore dell’esame a cui verrà sottoposto il pastore riguardo alle pecore che gli sono state affidate mentre si preoccupa del rendiconto altrui, si fa più attento al proprio
- e corregge i suoi personali difetti, aiutando gli altri a migliorarsi con le sue ammonizioni.