Obbedire è il segno di una buona vocazione provata nel crogiuolo della vita. Un “essere” che pur non cancellando i pensieri li piega al volere di Dio. Questo stile di vita è, per davvero, il frutto di un cammino di purificazione che ci fa toccare il cielo è ci dona quella pace che è aspirazione di tanti. Vivere nell’obbedienza, quindi, ci fa percepire i piccoli odori di campo permettendo al cuore di notare le più minuscole sfumature della vita.
Ed ecco cosa scrive San Benedetto riguardo all’obbedienza.
- Il segno più evidente dell’umiltà è la prontezza nell’obbedienza.
- Questa è caratteristica dei monaci che non hanno niente più caro di Cristo
- e, a motivo del servizio santo a cui si sono consacrati o anche per il timore dell’inferno e in vista della gloria eterna,
- appena ricevono un ordine dal superiore non si concedono dilazioni nella sua esecuzione, come se esso venisse direttamente da Dio.
- E’ di loro che il Signore dice: ” Appena hai udito, mi hai obbedito”
- mentre rivolgendosi ai superiori dichiara: “Chi ascolta voi, ascolta me”.
- Quindi, questi monaci, che si distaccano subito dalle loro preferenze e rinunciano alla propria volontà,
- si liberano all’istante dalle loro occupazioni, lasciandole a mezzo, e si precipitano a obbedire, in modo che alla parola del superiore seguano immediatamente i fatti.
- Quasi allo stesso istante, il comando del maestro e la perfetta esecuzione del discepolo si compiono di comune accordo con quella velocità che è frutto del timor di Dio:
- così in coloro che sono sospinti dal desiderio di raggiungere la vita eterna.
- Essi si slanciano dunque per la via stretta della quale il Signore dice: “Angusta è la via che conduce alla vita”;
- perciò non vivono secondo il proprio capriccio né seguono le loro passioni e i loro gusti, ma procedono secondo il giudizio e il comando altrui; rimangono nel monastero e desiderano essere sottoposti a un abate.
- Senza dubbio costoro prendono a esempio quella sentenza del Signore che dice: “Non sono venuto a fare la mia volontà, ma quella di colui che mi ha mandato”.
- Ma questa obbedienza sarà accetta a Dio e gradevole agli uomini, se il comando ricevuto verrà eseguito senza esitazione, lentezza o tiepidezza e tantomeno con mormorazioni o proteste,
- perché l’obbedienza che si presta agli uomini è resa a Dio, come ha detto lui stesso: “Chi ascolta voi, ascolta me”.
- I monaci dunque devono obbedire con slancio e generosità, perché “Dio ama chi dà lietamente”.
- Se infatti un fratello obbedisce malvolentieri e mormora, non dico con la bocca, ma anche solo con il cuore,
- pur eseguendo il comando, non compie un atto gradito a Dio, il quale scorge 1a mormorazione nell’intimo della sua coscienza;
- quindi, con questo comportamento, egli non si acquista alcun merito, anzi, se non ripara e si corregge, incorre nel castigo comminato ai mormoratori.