La preghiera notturna dei monaci si svolgeva nel rispetto di regole precise che San Benedetto ha indicato. Questo non solo perché tutti i monasteri vivessero uno stesso stile di preghiera ma anche perché la liturgia fosse ordinata e pulita, semplice ma anche piena di un sentire comune che trovasse espressione anche nella condivisione di una modalità espressiva unitaria.
Un bel proposito il cui rispetto sarebbe bello anche in questo nostro tempo nel quale sempre più spesso spuntano “solisti” che vivono nuove modalità stilistiche che creano tanti piccoli cerchi chiusi in se stessi.
Scopriamo adesso le indicazione di San Benedetto:
- Nel suddetto periodo invernale si dica prima di tutto per tre volte il versetto: “Signore, apri le mie labbra e la mia bocca annunzierà la tua lode”,
- a cui si aggiunga il salmo 3 con il Gloria;
- dopo di questo il salmo 94 cantato con l’antifona oppure lentamente.
- Quindi segua l’inno e poi sei salmi con le antifone,
- finiti i quali e detto il versetto, l’abate dia la benedizione e, mentre tutti stanno seduti ai rispettivi posti, i fratelli leggano a turno dal lezionario posto sul leggio tre lezioni, intercalate da responsori cantati.
- Due responsori si cantino senza il Gloria, ma dopo la terza lezione il cantore lo intoni
- e allora tutti subito si alzino in piedi per l’onore e la riverenza dovuti alla Santa Trinità.
- Quanto ai libri da leggere nell’Ufficio vigilare, siano tutti di autorità divina, sia dell’antico che del nuovo Testamento, compresi i relativi commenti, scritti da padri di sicura fama e genuina fede cattolica.
- Dopo queste tre lezioni con i rispettivi responsori, seguano gli altri sei salmi da cantare con l’Alleluia
- e dopo questi una lezione tratta dalle lettere di S. Paolo, da recitarsi a memoria, il versetto, la prece litanica, cioè il Kyrie eleison,
- e così si metta fine all’Ufficio vigilare.