Il cellerario deve essere come un padre per tutta la comunita`, quindi deve preoccuparsi di tutto e di tutti, sopratutto avere una cura speciale per i piu` deboli: malati, fanciulli, ospiti, poveri. Una virtu` che gli viene molto raccomandata e` l’umilta`, che dimostrera` nel non contristare i fratelli: la sentenza e` l’eco di una massima degli antichi Padri: “non contristare il tuo fratello, giacche` sei monaco” (Vitae Patrum, 3,170); nel non disprezzarli nel caso che debba negare loro qualcosa: l’espressione e` presa da S.Agostino: “A chi non puoi dare cio` che ti chiede, non mostrare disprezzo; se puoi dare, da`; se non puoi, dimostrati affabile (Esposizione sul salmo 103,1.19); non potendo concedere la cosa richiesta, risponda con una buona parola, secondo il libro del Siracide 18,17 ;la razione di cibo che deve dare, la dia senza arroganza ne` indugio, cioe` senza farla piovere dall’alto, dandosi l’aria di padrone che, bonta` sua, “si degna” di dare agli altri.
- Come cellerario del monastero si scelga un fratello saggio, maturo, sobrio, che non ecceda nel mangiare e non abbia un carattere superbo, turbolento, facile alle male parole, indolente e prodigo,
- ma sia timorato di Dio e un vero padre per la comunità.
- Si prenda cura di tutto e di tutti.
- Non faccia nulla senza il permesso dell’abate
- ed esegua fedelmente gli ordini ricevuti.
- Non dia ai fratelli motivo di irritarsi e,
- se qualcuno di loro avanzasse pretese assurde, non lo mortifichi sprezzantemente, ma sappia respingere la richiesta inopportuna con ragionevolezza e umiltà.
- Custodisca l’anima sua, ricordandosi sempre di quella sentenza dell’apostolo che dice: “Chi avrà esercitato bene il proprio ministero, si acquisterà un grado onorevole”.
- Si interessi dei malati, dei ragazzi, degli ospiti e dei poveri con la massima diligenza, ben sapendo che nel giorno del giudizio dovrà rendere conto di tutte queste persone affidate alle sue cure.
- Tratti gli oggetti e i beni del monastero con la reverenza dovuta ai vasi sacri dell’altare
- e non tenga nulla in poco conto.
- Non si lasci prendere dall’avarizia né si abbandoni alla prodigalità, ma agisca sempre con criterio e secondo le direttive dell’abate.
- Soprattutto sia umile e se non può concedere quanto gli è stato richiesto, dia almeno una risposta caritatevole,
- perché sta scritto: “Una buona parola vale più del migliore dei doni”.
- Si interessi solo delle incombenze che gli ha affidato l’abate, senza ingerirsi in quelle da cui lo ha escluso.
- Distribuisca ai fratelli la porzione di vitto prestabilita senza alterigia o ritardi, per non dare motivo di scandalo, ricordandosi di quello che toccherà, secondo la divina promessa, a “chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli”.
- Se la comunità fosse numerosa, gli si concedano degli aiuti con la cui collaborazione possa svolgere serenamente il compito che gli è stato assegnato.
- Nelle ore fissate si distribuisca quanto si deve dare e si chieda quello che si deve chiedere,
- in modo che nella casa di Dio non ci sia alcun motivo di turbamento o di malcontento.