Nel corso dei secoli, come si sa, non sono mancati gravi abusi nell’elezione dell’abate, come all’infelice tempo della commenda o della intromissione di principi o di altri laici. Le reazioni a questi abusi portarono a una dottrina canonica in cui sono precisati dal diritto generale e particolare (dalle Costituzioni delle singole congregazioni) le norme per l’elezione, la procedura, la durata in carica, ecc.
- Nell’elezione dell’abate bisogna seguire il principio di scegliere il monaco che tutta la comunità ha designato concordemente nel timore di Dio, oppure quello prescelto con un criterio più saggio da una parte sia pur piccola di essa.
- Il futuro abate dev’essere scelto in base alla vita esemplare e alla scienza soprannaturale, anche se fosse l’ultimo della comunità.
- Se invece, – non sia mai! – la comunità eleggesse, sia pure di comune accordo, una persona consenziente ai suoi abusi,
- e il vescovo della diocesi o gli abati o i fedeli delle vicinanze ne venissero comunque a conoscenza
- devono impedire in tutti i modi che il complotto di quegli sciagurati abbia il sopravvento e nominare un degno ministro della casa di Dio,
- ben sapendo che ne riceveranno una grande ricompensa, mentre invece sarebbero colpevoli, se non se ne curassero.
- Il nuovo eletto, poi, pensi sempre al carico che si è addossato e a chi dovrà rendere conto del suo governo
- e sia consapevole che il suo dovere è di aiutare, piuttosto che di comandare.
- Bisogna quindi che sia esperto nella legge di Dio per possedere la conoscenza e la materia da cui trarre “cose nuove e antiche”, intemerato, sobrio, comprensivo
- e faccia “trionfare la misericordia sulla giustizia”, in modo da meritare un giorno lo stesso trattamento per sé.
- Detesti i vizi, ma ami i suoi monaci.
- Nelle stesse correzioni agisca con prudenza per evitare che, volendo raschiare troppo la ruggine, si rompa il vaso:
- diffidi sempre della propria fragilità e si ricordi che “non bisogna spezzare la canna già incrinata”.
- Con questo non intendiamo che l’abate debba permettere ai difetti di allignare, ma che li sradichi – come abbiamo già detto – con prudenza e carità, nel modo che gli sembrerà più conveniente per ciascuno,
- e cerchi di essere più amato che temuto.
- Non sia turbolento e ansioso, né esagerato e ostinato, né invidioso e sospettoso, perché così non avrebbe mai pace;
- negli stessi ordini sia previdente e riflessivo e, tanto se il suo comando riguarda il campo spirituale, quanto se si riferisce a un interesse temporale, proceda con discernimento e moderazione,
- tenendo presente la discrezione del santo patriarca Giacobbe, che diceva: “Se affaticherò troppo i miei greggi, moriranno tutti in un giorno”.
- Seguendo questo e altri esempi di quella discrezione che è la madre di tutte le virtù, disponga ogni cosa in modo da stimolare le generose aspirazioni dei forti, senza scoraggiare i deboli.
- E soprattutto osservi e faccia osservare integramente la presente Regola
- per potersi sentir dire dal Signore, al termine della sua onesta gestione, le parole udite dal servo fedele, che a tempo debito distribuì il frumento ai suoi compagni:
- “In verità vi dico: – dichiara Gesù – gli diede potere su tutti i suoi beni”.