Figlio di un falegname o di un carpentiere; uno che lavora con le mani; uno che sceglie di partire dal basso. Questo è Gesù, figlio di Giuseppe, un bravo e stimato artigiano. Non apparteneva alle elite, non era figlio di una famiglia potente e nemmeno di una famiglia ricca. Di Giuseppe la Scrittura non ci riporta parole ma ci racconta, però, i gesti, le scelte e la testimonianza che supera i secoli per arrivare fino ai nostri giorni. Oggi lo ricordiamo nel giorno nel quale la società civile fa festa per i lavoratori e ricorda le lotte compiute per la conquista dei diritti. Diritti che, in questi ultimi anni sono stati, di fatto, ridotti all’osso o sono quasi del tutto scomparsi. Forse c’è bisogno di ridare una nuova vera dignità al lavoro e ai lavoratori.
Franca e Vincenzo, osb-cam
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù, venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi.
Parola del Signore