Il vento soffia forte e lo senti “ululare”; le nuvole si muovono in fretta e disegnano scenari di un grigio cupo; gli schizzi di pioggia colpiscono i presenti con violenza mentre le mani tentano di riparare almeno gli occhi.
Su una piccola collinetta tre uomini sono inchiodati ognuno alla propria croce e le smorfie dei loro volti esprimono solo dolore e sofferenza.
Il mistero della morte, da sempre iscritto nel destino degli uomini, qui raggiunge l’apice più severo ed evoca la parabola della vita, di ogni vita. Eppure questo doloroso epilogo non può essere e non è la fine. Oltre questa tragedia e questa atroce sofferenza il cuore immagina la pace arcobaleno che riempie di speranza l’esistenza.
Nessuno è condannato ma tutti sono salvati dall’amore infinito che si dona e accarezza i giorni fragili per aprire la vita alla gioia per sempre.
Franca e Vincenzo, osb-cam
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 3,13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
Parola del Signore