Quando germoglia un fiore, quando in questo antico mondo emergono cose nuove e belle l’uomo di potere cerca di vedere e toccare e non gli basta contemplare la bellezza ma con il desiderio del dominio cerca di controllare. Così facendo perde il meglio, perde lo stupore della creazione, il senso della meraviglia e il bello che i fiori di un prato ci donano.
Il potere cerca sempre di dominare, ha paura del nuovo anche quando questo con semplicità e innocenza cerca di rinfrescare l’aria stantia e aprire strade ai sogni del buono e del bello.
Il potere ha l’occhio indagatore e sospettoso e finisce per smarrirsi nei labirinti di pensieri contorti pronto a difendere la sua posizione e non sa cosa pensare perché i suoi pensieri sono davvero lontani da quelli puri e semplici di un Dio che vive d’Amore.
Erode, stamattina ci consegna l’immagine spenta di chi non sa sognare, non sa godere del bello, non sa meravigliarsi più di nulla, non riesce a stupirsi. Erode non potrà, quindi, mai convertirsi davvero perché il potere e l’intenzione di controllare lo rinchiude in una “cella” buia dove la vera luce non entra e non può entrare. Erode è un infelice che vive l’ansia di perdere il suo potere e trascorre il suo prezioso tempo non per godere dei gigli del campo ma per evitare che la loro semplicità possa disturbare lui e il gruppetto di “bravi” di cui si circonda. Quanti e chi sono gli Erode attorno a noi? E noi somigliamo ad un piccolo Erode o ad un fiore libero che gode della brezza di un vento leggero?
Erode è sempre più solo.
Franca e Vincenzo, osb-cam
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti».
Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.
Parola del Signore