La parola da vivere oggi è: non lamentarsi.
La nostra è, nella storia, la generazione che ha ricevuto di più di tutte le altre eppure appare quella che, più di ogni altra, si lamenta.
Perché? Forse non sono le tante cose che abbiamo a dare la gioia. Ci deve essere qualche altra cosa che ci sfugge. Proviamo a pensarci un attimo. Non è che abbiamo smarrito alcuni dei tratti fondamentali dell’umanità. Per esempio: la semplicità di essere noi stessi senza apparire altro; la contemplazione della creazione ammirando un fiore, la pioggia, il cielo, il volo di un uccello; il saper dire “grazie” per un caffè o per un piatto di pasta; la gioia, per esempio, di parlare con un amico; l’umiltà di chiedere le cose essenziali che ci mancano; la condivisione dei beni evitando ogni accumulo; il bello di chiedere e ottenere perdono e saper riconoscere i nostri errori senza scaricarli sugli altri; il saper ricominciare ogni giorno ringraziando Dio madre e padre per la vita; e si potrebbe continuare. E, invece, siamo sempre pronti a lamentarci di tutto e di tutti, a giudicare ogni cosa. Forse, se vogliamo essere veramente felici, dobbiamo imparare a dire “grazie”, “prego”, “per favore”, … pensiamoci tutti.
Franca e Vincenzo, osb-cam ♥️
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse alle folle:
«A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.
È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”.
Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».
Parola del Signore