Quando ogni settimana eri con noi, questo era il tuo posto. Da oggi questa sedia resterà vuota ma Tu sarai sempre con noi.
In occasione dei tuoi settant’anni mi hanno chiesto di scrivere qualcosa e poi lo hanno inserito, con quello di altri amici, in un libretto. Con lo stesso scritto ti saluto insieme a tutta la famiglia. Prega per tutti e anche per noi.
Grazie di esserci stato e continua a farlo.
“Non conformatevi a questo mondo, ma trasformatevi rinnovando il vostro modi di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12, 2).
Ho scelto questo versetto della Lettera ai Romani per raccontare qualcosa di don Simone Di Vito, un prete … di frontiera, un prete … sempre oltre, un prete … capace di sorprendere sempre, un prete … innovatore, un prete e basta!!!
Lo conosco fin da quando era parroco nel borgo di Ventosa, quattro case appoggiate sul crinale di una collinetta degli aurunci a pochi passi dal suo amatissimo paese natio Coreno Ausonio. Da questo borgo antico, fiero della sua storia e dei suoi valori, don Simone ha saputo gettare lo sguardo sempre oltre l’orizzonte, oltre il Golfo di Gaeta, oltre i confini e le barriere mentali che spesso rinchiudono in un recinto tante intelligenze oscurandone l’azione.
Ero ancora un ragazzotto di parrocchia, uno del gruppo che frequentava, come i miei coetanei, l’oratorio di una parrocchia vicina alla sua e il mio parroco don Silvio Aniello, che ho il piacere di ricordare qui, era molto amico di don Simone. Tra i due c’era un’intesa profonda, un feeling che si vedeva ad occhio nudo, una capacità di vivere la fraternità nei fatti e non solo nelle parole come spesso, purtroppo, accade in questi tempi così pieni di giochi di parole alle quali non corrispondono fatti. Altri tempi. Tempi nei quali l’umanità aveva una sua sostanza.
Don Simone negli anni di parroco a Ventosa si è davvero “impastato” nella cultura e nel vivere dei ventosari, ne ha “sposato” il cuore e lo ha fatto con l’ardore e il coraggio di chi ha deciso di essere prete, appunto. Un dono per gli altri. Altri che in questo caso avevano un nome, un volto, una storia, un bisogno.
Non vivevo a Ventosa, non lo frequentavo ma lo seguivo. Lo apprezzavo per il suo coraggio, per la passione, per l’amore che sapeva mostrare nel suo essere prete in una realtà di frontiera, in un contesto difficile, in anni complicati della storia locale sempre caratterizzata dal dominio dei potenti su chi potente non era. In questo contesto non era difficile sapere dove trovare don Simone. Lui era con gli ultimi, con gli eredi dei dominati da sempre, con i vinti, con le vittime di un potere che domina con l’arroganza delle eredità nobiliari o con la maschera dei finti buoni. Lo vedovo, lo seguivo, ne ammiravo i gesti e le iniziative. Non era un mito, no. Per me era un prete che come il mio parroco di allora sapeva stare dalla parte giusta, … gli ultimi.
Quel suo modo di fare, quel suo essere mi ha insegnato molto. Non ne abbiamo mai parlato. Non ne abbiamo mai parlato mai neanche dopo e io, salvo poche importanti occasioni, l’ho frequentato con misura, ma ne ho sempre seguito l’esempio. Lo ringrazio. Lo ringrazio per questo stile misurato fermo di essere prete; lo ringrazio perché la sua vita da prete riscatta mille e mille altre nelle quali e dalle quali emergono, purtroppo, solo belle parole. Lui no. Alle parole ha sempre fatto seguire i fatti. Lo ha fatto rischiando di persona. Lo ha fatto sempre gettando “il cuore oltre l’ostacolo”. Ha educato e formato con i gesti concreti. Un esempio da seguire non per imitare ma per essere. Sapere di essere e fare come è giusto che sia. Lottare con coraggio. Non rinunciare a se stessi per plageria o per accattivarsi il favore dei potenti. Essere se stessi, sempre, in ogni occasione. Essere, per non schiacciare la dignità di persona che il nostro creatore ci ha donato e per la quale è finito sulla croce. Questo è un prete.
Don Simone, come ognuno di noi, aveva ed ha il suo carattere. Non a tutti può piacere, non a tutti può essere gradito ricevere dei no. Anche lui ne ha detti e ne ha detti molti. C’è una differenza però. I suoi “no” e i suoi “si” hanno sempre avuto una motivazione. Non sono stati mai pronunciati senza un ragionamento che li accompagnava e questo ne fa un uomo e, quindi, un prete. Unisco uomo e prete, perché un prete è un uomo vero, e lui lo è. Grazie don Simone. Testimone spesso scomodo, prete non sempre gradito, non sempre amato ma vero, profondamente vero, autentico e appassionato amante del bene comune e della libertà.
Quando lo hanno trasferito a Scauri è andato accogliendo l’invito dell’Arcivescovo Mons. Vincenzo Maria Farano ma lasciando un pezzo di cuore a Ventosa. Anche a Scauri ha svolto il suo servizio da parroco con lo stesso spirito e con l’idea di offrire occasioni di formazione e promozione umana. Lo ha fatto con il piglio di chi sa donare occasioni di rinnovamento nella fedeltà al vangelo, di cambiamento e coinvolgimento dei laici, di saggia e graduale spinta alla comunità verso la corresponsabilità.
Negli anni nei quali don Simone arriva a Scauri muore anche don Silvio Aniello che avrebbe celebrato il mio matrimonio con Franca (la mia sposa). Abbiamo chiesto a lui di farlo e ricordo perfettamente come una delle letture era tratta, appunto, dalla seconda lettera ai Romano. Da quel giorno, il secondo versetto del capitolo dodici è diventato il motto del nostro essere famiglia e don Simone ne era, di fatto, l’esempio concreto. Ora anche nostra figlia che si sposa a maggio 2019 ha scelto lui per far celebrare il matrimonio. Lo ha fatto con nostra sorpresa. Non le avevamo mai detto nulla in proposito e sia lei che Giulio hanno scelto insieme. Bel segno. Forse anche la logica conseguenza di un legame vissuto nella semplicità e nella discrezione per lunghi anni nei quali don Simone ha frequentato la nostra casa costruendo una bella relazione con noi, con lei e con Domenico il nostro figlio primogenito.
Per tutti gli anni a seguire la mia relazione con lui, anzi la nostra relazione di famiglia con lui è rimasta bella, sempre reciprocamente fedele, libera e forte. Lo abbiamo sempre avuto con noi nei momenti belli e brutti, nei momenti tristi e nei giorni della gioia. Insomma uno “stare” reciproco sempre vero, profondo, autentico come si conviene a donne e uomini che con responsabilità e senso del dovere sanno vivere l’amicizia e la fedeltà al vangelo. Bello, davvero bello averlo conosciuto e continuare, oggi, come ieri, a viverlo nella libertà e nella verità.
Non sempre le nostre vedute sono state identiche ma questo non ci ha impedito di essere anche “amici”, di accettare l’idea dell’altro, di riflettere insieme e confrontarci. Don Simone ci ha insegnato molto e continua ancora a farlo come testimone credibile. Grazie di esserci.
Appassionato anche il suo amore per il diaconato, il ministero che Mons. Pierluigi Mazzoni mi ha conferito con altri sette confratelli dopo sette anni di formazione. Io credo che questa sua predilezione per il ministero diaconale derivi anche dalla sua fedeltà al Concilio Vaticano II e ad una Chiesa chiamata, sempre più, a leggere i segni dei tempi, interpretando il presente con la necessità di procedere ad un rinnovamento profondo che sia un ritorno alle origini e ad una fedeltà vera alla buona notizia della quale ogni battezzato deve essere fedele interprete.
Don Simone è un prete capace di grandi slanci ma un prete saggio al quale chiedere consiglio, un prete che con verità ti sa dire cose che altre persone, magari, evitano di fare. E’ il suo modo di amare, uno stile impregnato di schiettezza, poco avvezzo ai fronzoli, cose che a volte, alcuni non gradiscono ma, e ne sono convinto, con il tempo apprezzano.
Questo è don Simone per me. Spero di poterlo sempre avere tra i miei amici più cari. Un prete per amico. Grazie di esservi
Vincenzo Testa, sposo e diacono