Tutti gli articoli di eremo

Abbi PIETÀ di me

Riconoscerci peccatori ci fa somigliare al pubblicano che si umilia e che il Padre giustifica. Oggi ci proponiamo e vi proponiamo di farci le domande che un giorno san Bernardo rivolse ai suoi monaci: “Dunque mi permetto di chiederti: ci sono momenti in cui ti poni alla sua presenza in silenzio, rimani con Lui senza fretta, e ti lasci guardare da Lui? Lasci che il suo fuoco infiammi il tuo cuore? Se non permetti che Lui alimenti in esso il calore dell’amore e della tenerezza, non avrai fuoco, e così come potrai infiammare il cuore degli altri con la tua testimonianza e le tue parole?” (cfr S. Bernardo, Discorsi sul Cantico dei Cantici).

Domande forti che richiedono risposte forti. Forse una strada da percorrere resta quella più vera e più autentica che si fida e affida al Signore. Dice, infatti. il libro dei Proverbi: “Confida nel Signore con tutto il cuore e non appoggiarti sulla tua intelligenza; in tutti i tuoi passi pensa a lui ed egli appianerà i tuoi sentieri” (Pro 3,5-6). 

Il passo del vangelo di Luca che segue ci introduce , oggi, nella primavera metereologica con l’auspicio che sia anche una primavera dello Spirito. Coraggio!

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

   Parola del Signore

Amare Dio e il prossimo

Spesso siamo prigionieri di un’idea; costruiamo teorie, progetti; viviamo incollati al divano raccontando a noi e agli altri ideali che non trovano vie di realizzazione. A volte siamo sdoppiati tra una conoscenza vera o approssimativa e una realtà di vita lontana.

Spesso, infatti, con le parole predichiamo bene ma poi nella vita siamo incoerenti. Lo stesso accade quando diciamo di amare Dio ma nella vita ignoriamo il prossimo; quando ci facciamo maestri di conoscenza della Parola e nella vita non vediamo o facciamo finta di non vedere chi vive solo, o è malato, o soffre, o sta male; quando diciamo di aver fede e poi abbiamo paura di affrontare il presente; quando preghiamo Dio solo con le parole e nella vita pensiamo solo al nostro tornaconto.

(“L’amore per Dio e per il prossimo altro non sono che le due facce della stessa medaglia, due volti che coincidono in uno, quello di Cristo. “Non si può amare Dio senza amare il prossimo e non si può amare il prossimo senza amare Dio (…) In effetti, il segno visibile che il cristiano può mostrare per testimoniare al mondo l’amore di Dio è proprio l’amore dei fratelli. – papa Francesco).

È solo con la vita che possiamo mostrare la nostra fede.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

   Parola del Signor

Uomo giusto

C’è una volontà più grande, c’è un progetto che non conosciamo, c’è un Padre che sogna un’umanità disponibile ad ascoltarlo.

Giuseppe è un uomo che segue la volontà del Padre e accoglie il mistero del progetto di Dio. Decide, Giuseppe, di seguire un sogno, di essere docile strumento nelle mani della volontà di Dio. Per questo Giuseppe è “un giusto”, cioè uno che fa la volontà di Dio.

Egli rifiuta le leggi del mondo che imponevano di denunciare Maria e, superando la piccola giustizia umana, si è fatto strumento della Giustizia di Dio.

Giuseppe è un uomo giusto che dedicherà la sua vita ad accompagnare Maria e Gesù, a proteggerli dalle insidie del male e per questo ha avuto un posto speciale nel Regno di Dio.

Egli è anche l’uomo del silenzio operoso, l’uomo capace di dare corpo ad un sogno, l’uomo che realizza la sua missione senza chiasso.

Giuseppe è davvero un grande UOMO. Un giusto dell’umanità.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 1,16.18-21.24

Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore.

Parola del Signore.

I grandi del regno

I piccoli, i minimi e gli umili, sono questi i “grandi del regno di Dio“.

Dio misura le nostre parole e le nostre azioni con un metro speciale. Egli, infatti, guarda il cuore di ciascuno di noi, conosce bene ciò che lo abita e guida i nostri pensieri, le nostre parole e le nostre azioni. Dio scruta le nostre profondità e le nostre reali intenzioni e conosce tutto di noi. Fin dalla notte dei tempi ha guidato l’uomo con Leggi tramandate da generazione a generazione attraverso una viva trasmissione orale. Poi ha consegnato a Mosè le dieci Parole scolpite su pareti di pietra perché nel dialogo tra cuore e ragione la vita potesse fiorire. Infine il Figlio ci ha donato il più bello fra i fiori di campo, la Legge dell’Amore.

Spetta a noi, con umiltà, contemplare questo immenso tesoro che ci permetterà di entrare nel Regno di Dio dove i piccoli, i minimi e gli ultimi saranno considerati “grandi”.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

   Parola del Signore

Per dono

Perdonare è un gesto grande, un segno di profonda umanità, una scelta di Amore un ponte unisce. È l’espressione di un cuore che sceglie la vita, che guarda il futuro con speranza, che costruisce relazioni destinate a durare nel tempo.

Nel perdonare c’è tutto il mistero che il Padre vive e che ci propone di vivere affinché ciascuno di noi possa avvicinarsi a Lui e imitarlo.

Concludiamo con alcune parole di papa Francesco che desideriamo condividere con voi tutti:

«…chiedere perdono non è un semplice chiedere scusa» ma è essere consapevoli del peccato, dell’idolatria che io ho fatto, delle tante idolatrie; in secondo luogo, Dio sempre perdona, sempre, ma richiede anche che io perdoni, perché se io non perdono, in un certo senso è come se chiudessi «la porta al perdono di Dio». Una porta invece che dobbiamo mantenere aperta: lasciamo entrare il perdono di Dio affinché possiamo perdonare gli altri.»

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

   Parola del Signore

Il profeta rifiutato

La verità è spesso un ostacolo alle buone relazioni, eppure è la migliore possibilità che abbiamo per Amare.

Il profeta è il grande messaggero della Verità e per questo non solo non è accolto ma è, nel migliore dei casi, ignorato o deriso. Nel corso della storia i profeti sono stati sempre ostacolati, rifiutati se non addirittura, nei casi più estremi, uccisi.

Nel nostro tempo accade, purtroppo, la stessa cosa. Ai potenti di tutti i tempi i profeti non piacciono per niente e anche oggi è così.

E i primi a bocciare le parole e la presenza dei “profeti” sono i compaesani. Accade la stessa cosa anche a Gesù così come ci racconta il vangelo di oggi. I compaesani tentano di buttarlo giù dal ciglio del monte ma i loro progetti non riescono. Gesù passa in mezzo ad una folla inferocita e se ne va.

Ogni battezzato è chiamato ad essere “profeta” raccontando con la vita l’Amore anche al rischio di non essere compresi, anche se ci saranno coloro che non comprenderanno o faranno finta di non capire. Il cristiano, infatti, è un profeta e lo è, soprattutto, in questo tempo nel quale il mondo intero sta vivendo un tempo inedito e oscurato dal male che ha invaso la vita e il cuore delle masse. L’unica vera possibilità che abbiamo, perciò, è quella di vivere il nostro presente con la “fantasia e il coraggio del profeta” che ama. Amare è la più grande possibilità che abbiamo per essere profeti. Possiamo farlo!

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

   Parola del Signore

Dammi da bere

Acqua viva, acqua di sorgente fresca, acqua che zampilla e dona vita. Una donna va al pozzo a prenderla. C’è un uomo. Un uomo di un popolo con il quale non c’è amicizia. I due dialogano. Ed ecco la sorpresa. Lui le chiede da bere ma spera che sia lei a chiederla a Lui. Si, Lui, infatti, è la sorgente di un acqua viva, fresca, zampillante e che placa la sete di pace, di giustizia, di misericordia, di serenità e di gioia che abbiamo, da sempre, nel cuore.

La donna ha bisogno di tutto questo. Il suo passato la blocca. Finora ha bevuto la vita e non ha placato la sete. Ha sperimentato mille avventure e nessuna l’ha coinvolta nella profondità del suo essere. Ora ha la grande occasione di bere all’unica sorgente capace di offrirle tutto ciò che ha sempre cercato e senza pagare. È tutto gratuito. Non c’è nulla da pagare.

Anche al tempo del coronavirus possiamo avere questa acqua? Forse è proprio in questo tempo che abbiamo un’opportunità nuova, inedita e speciale per scoprire una risorsa unica che cambierà per sempre la nostra vita donandoci tutto quello che il nostro cuore ha sempre cercato e che la folle corsa di questo mondo ci ha impedito di vivere. Dobbiamo essere coraggiosi ed intraprendenti. Non lasciamo che questo periodo di quaresima trascorra invano.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».
Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».
Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

   Parola del Signore

Un abbraccio

C’è sempre un buon motivo per fare festa. Fa festa il Padre che ritrova un figlio, fanno festa gli amici che abbracciano il compagno perso, fa festa il figlio che ritrova il calore di una famiglia. Eppure c’è qualcosa che non va. Il fratello maggiore sembra geloso, appare dispiaciuto, forse addirittura si è offeso. Questo fratello che si mostra così fedele al Padre non riesce a perdonare, non sa cosa sia il perdono, … resta lontano dalla pratica dell’amore e svela la sua ipocrita rettitudine. A noi il figlio che chiede perdono ispira simpatia, suggerisce vicinanza e, diciamola tutta, suscita speranza e da vigore al desiderio di ritrovare il calore di un abbraccio.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola:
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

   Parola del Signore

Pietre scartate

La pratica dello scarto è uno dei segni più evidenti del nostro tempo. Produciamo cumuli di rifiuti di ogni genere e c’è chi ne ha fatto addirittura una fonte di guadagno. Spesso si tratta di affari illegali e/o che producono inquinamento. A ciò si aggiunge la pratica dello “scarto” di persone. Ci sono donne e uomini che vivono il dramma dell’uso e getta. La “cultura dello scarto” si è impadronita perfino delle relazioni. L’altro c’è, esiste, ci relazioniamo con lui solo se e/o fino a quando è utile a raggiungere i nostri obiettivi. Insomma si viene considerati solo se si è utili poi si viene scartati, eliminati, ignorati.

Gesù, oggi, insegna che proprio ciò che è stato scartato (“la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo”) è, nel progetto di Dio, elemento fondamentale della costruzione del Regno di Dio. Quella persona giudicata inutile, quell’essere umano emarginato, gettato via, è, invece, qualcosa di molto prezioso agli occhi di Dio. Sarà Lui, proprio lo scartato, uno dei componenti più importanti ed essenziali per la costruzione del nuovo edificio spirituale voluto dal Signore. Cerchiamo di avere occhi aperti per vedere bene, mani capaci di sostenere e orecchi che sanno ascoltare la realtà che ci circonda. Siamo chiamati ad essere costruttori di umanità.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?».
Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.

   Parola del Signore

Se non ascoltiamo

 Ascoltare è la “parola” chiave del vangelo di oggi. “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”.

Tutto ruota intorno alla nostra disponibilità ad ascoltare la “Parola”. La voce del Profeti, oggi come allora, continua a farsi sentire mentre l’uomo continua a restare sordo e prosegue nel vivere come desidera e non come indica il Signore.

Tutto dipende dalla nostra disponibilità ad “ascoltare” la Parola e cioè a prendere tra le mani la Santa Scrittura e a leggerla per cercare di meditarla e farne penetrare il messaggio nel cuore. Si tratta, per prima cosa, di entrare nel significato letterale del testo e poi nel suo significato profondo. Questa forma di preghiera ci aiuterà a capire e a cambiare la nostra vita; ci permetterà di essere cristiani che “ascoltano” e che vivono seguendo Gesù.

Questo tempo di quaresima ci aiuta a fare questo cammino accorgendoci delle situazioni di difficoltà e di sofferenza che sono intorno a noi e ci spingerà a vivere una vita nuova più bella, più vicina a Gesù e a sentirne la presenza viva e vera.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

   Parola del Signore