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È l’ora di andare

 

Maria si alza per andare da Elisabetta,

il cuore batte forte,

il passo si fa veloce,

supera le asperità dei monti,

fino ad una città di Giuda.

Entra, saluta e si emoziona,

avverte il sussulto di un bimbo,

il cuore batte più forte.

Nella stanza irrompe lo Spirito Santo,

Spirito creatore,

Spirito rivelatore 

Spirito di consiglio.

Il mistero ha preso forma,

la verità si fa vita e

la benedizione di Dio si è fatta storia.

Anche noi siamo chiamati ad alzarci abbandonando ogni pigrizia e a camminare con entusiasmo spingendo i nostri passi tra le asperità e le fatiche di questo giorno per andare verso gli altri che ci attendono.

L’incontro sarà denso di emozioni, anche noi avvertiremo il sussulto di cuori che battono forte riconoscendo la passione del nostro fare.

Così facendo collaboreremo per costruire un mondo più umano e perciò più vero. 

Un mondo migliore.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

   Parola del Signore

Nostalgia

Mai come in questo tempo affiora nei nostri cuori una profonda “nostalgia” di Dio. Ma non è un sentire triste o, peggio, un bisogno di guardare indietro. No, assolutamente no. La nostalgia della quale parliamo riguarda il bisogno di affrontare uniti il presente e il desiderio di ricevere nel cuore la voce che ci dice: “Non temere“. È la stessa voce che raggiunge Maria per darle sicurezza sul suo presente e sul suo futuro e che la invita a stare nella gioia.

Dio interviene con potenza e Grazia, e il suo Spirito ci proteggerà. Il grande merito di Maria sta nell’aver accolto con docilità l’annuncio dell’angelo mettendosi nelle mani di Dio e lavorando senza alcuna pigrizia. Maria si è data molto da fare, ha accettato il compito affidato (accogliere un figlio, allevarlo, istruirlo e poi lasciarlo andare). Un compito che Dio, con il dono dei figli ha dato anche a molti di noi. Questo, infatti, è il nostro compito più importante. Vivere mettendo al primo posto la carriera, il successo, il denaro, la conquista delle cose materiali è fonte di grande infelicità. È, infatti, un superfluo che è vuoto, incolore e anche fonte di tristezza e inquietudine. Al cristiano che ha la gioia basta di poter lavorare con onestà e dare il meglio di se per il bene dei figli affidati. Il resto, tutto il resto, sono cose non essenziali e la cui ricerca non ci aiuta a vivere con serenità.

Se accoglieremo davvero il mandato ricevuto da Dio (crescere ed educare figli) faremo esperienza della Sua potenza e del suo grande Amore per noi.

Capiremo che “nulla è impossibile a Dio” e che la vera felicità, quella che non tramonta mai, sarà per sempre con noi. La stessa vita sarà piena di colori come i fiori di un campo a primavera e la diversità sarà per tutti bellezza del creato.

Abbandoniamo la tristezza e accoglienti e operativi agiamo per il bene dei figli affidati crescendoli con Amore.

Franca e Vincenzo, osb-cam

 Dal Vangelo secondo Luca

Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

   Parola del Signore

I doni di Dio

Ci sono bisogni e desideri che portiamo nel cuore e che non trovano la strada per farsi realtà. Per la loro realizzazione eleviamo suppliche e preghiere. Lo stesso fa Zaccaria che aveva il desiderio di un figlio da Elisabetta.

Il Signore ascolta la preghiera di Zaccaria e l’angelo Gabriele è inviato per annunciare la Grazia di Dio. Elisabetta partorirà un figlio e il suo nome sarà Giovanni.

Le preghiere di Zaccaria, quindi, sono capaci di sciogliere il cuore di Dio che si muove per donargli un figlio a cui darà il nome di Giovanni che significa dono di Dio.

Ancora una volta Dio è fedele alle sue promesse, anche a quelle che appaiono impossibili. Ma noi, siamo fedeli a Dio? Crediamo nel suo aiuto? Preghiamo, cioè abbiamo un dialogo sincero con il nostro Signore?

La storia di Zaccaria, Elisabetta e Giovanni è emblematica. Noi abbiamo la loro fede?

Ci fidiamo e affidiamo realmente a Dio Padre? Crediamo nel suo Amore per noi?

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccarìa, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.
Avvenne che, mentre Zaccarìa svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso.
Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccarìa si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elìa, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».
Zaccarìa disse all’angelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo».
Intanto il popolo stava in attesa di Zaccarìa, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto.
Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».

   Parola del Signore

Oltre la Notte, una luce.

Lettera agli amici dell’eremo 2019.

Prepariamoci ad uscire dal buio. Nella notte di Natale decidiamo di cercare Cristo, luce della nostra vita.

E’ nelle notti buie che il cuore in ansia sussulta. E’ in quelle notti buie che il respiro pulsa al ritmo di un cuore impazzito. E’ nelle notti buie che le lacrime fanno fatica a trovare la via. E’, sempre in quelle notti buie che le mani si stringono e il corpo si irrigidisce assumendo forme contorte tra le lenzuola stropicciate.

In questo buio una domanda: “Che cerchi?”.

Dare una risposta “vera” a questa domanda è come dare inizio ad una svolta. E’ come iniziare a spolverare le macerie, a ripulire la casa, a fare spazio di accoglienza ad un ospite speciale.

Cercare il senso è la via per ritrovare luce e nella luce la serenità e nella serenità la pace. Questo è il cammino dell’uomo. Un continuo, costante desiderio di raggiungere la pace.

L’Amata del Cantico dei Cantici (3,1-5) vive il dramma dell’assenza di Dio. Lo cerca nel suo giaciglio ma non lo trova. Si gira e si rigira nel letto ma è tutto inutile. Gli occhi sbarrati, la mente in confusione, le mani che si agitano, il respiro che si fa ansioso … basta non ce la fa più. Esce, esce di notte in cerca dell’Amato del suo cuore. Attraversa la città, i luoghi del piacere, del divertimento, si immerge nel mondano, nei vizi, magari si fa anche attrarre da facili surrogati ma del suo Amato non c’è traccia.

Poi va oltre, incontra le guardie che fanno la ronda. Incontra una guida spirituale, uno psicologo, un saggio … chiede loro ma non li ascolta, non ascolta la loro risposta. L’Amata è già oltre di loro. Non percepisce il senso dei loro consigli. Lei passa oltre. Cammina ancora ed ecco all’improvviso l’Amato si fa incontrare. L’Amata lo stringe a se, lo stringe forte, lo stringe con grande intensità. Questa volta, pensa, non mi sfuggirà e lo porterò al sicuro.

E’ brutta la notte buia, la notte oscura ma questo è anche il tempo nel quale maturano le sorprese dello Spirito, è il tempo nel quale prende consistenza quella luce nuova che apre ad una vita nuova. Occorre, però, attraversare il tempo dell’aridità, lo spazio dello smarrimento, vivere la prova che umilia. Questo tempo prezioso che impoverisce e svuota è anche il tempo nel quale abbiamo l’occasione di ridare colore alla vita. Quando il tempo nuovo arriverà uno stupore grande ci invaderà il cuore e, finalmente l’Amante e l’Amato si abbracceranno con intensità.

La notte buia e nera diventa il tempo della purificazione, dell’abbandono dell’Ego, della scoperta della gratuità. Fino a che questo buio profondo non ci avrà invaso davvero il cuore non saremo riusciti a purificarci, non saremo riusciti a gettare la maschera del falso che rischia di coprire il nostro vero volto fino alla fine dei nostri giorni.

In questo tempo natalizio allora possiamo chiederci: chi stiamo aspettando? Chi cerchiamo? Chi sto cercando? Riesco ad uscire fuori ad attraversare la città mondana senza conseguenze e decidere di abbandonarmi con fiducia in Dio? Sono consapevole che tutto ciò che ho è un dono, un dono gratuito dell’Amore di Dio?

E’ Cristo, l’Amato per me? Se così non è, con la nostra libertà, possiamo decidere e fare altro. Possiamo negare Cristo, possiamo attaccarci al nostro Ego credendo che senza Dio siamo capaci vincere la notte. Certo, nessuno ci impedisce di fare questa scelta e in tanti l’hanno già fatta. Guardando questo mondo, scrutando questo tempo nel nostro piccolo spazio non sembra che il risultato sia buono e bello.

Noi preferiamo uscire dalla notte cercando l’Amato per poterlo abbracciare e vivere di Lui e per Lui abbandonando la nostra vita nelle sue mani sante.

Buon cammino verso il Natale di Gesù Cristo

                                                                            Franca e Vincenzo, osb-cam

Uomo che salva

Discendente di Abramo e Davide, Gesù è colui che da senso alle promesse di Dio.

E oggi, il passo del Vangelo ce lo attesta molto bene tanto che in quello che appare uno sterile elenco di nomi (la genealogia di Gesù) si celano le storie di uomini e (perfino) di donne che hanno “collaborato” a scrivere il percorso che ci ha consegnato Gesù, il figlio di Dio che sta per venire.

Nella storia degli avi di Gesù sono nascoste le vicende liete e tristi di tante persone che meritano di essere conosciute e che ci danno il senso di un cammino nel quale le promesse di Dio sono consegnate di generazione in generazione fino al suo compimento in Cristo.

Anche ciascuno di noi è un anello di questa catena che racchiude in se storie antiche che, di generazione in generazione, si sono svelate e che siamo chiamati a consegnare a chi verrà dopo di noi come ideale testimone di un progetto d’Amore che per primo, però, dobbiamo avere il coraggio di saper riconoscere.

Ogni nostra scelta piccola o grande che sia, infatti, può incidere ed incide oltre che sulla nostra storia personale, anche su quella della famiglia e perfino su quella collettiva, in maniera forte. Di queste scelte siamo davvero responsabili e il solo pensiero ci deve aiutare a riflettere sulle conseguenze di ciò che facciamo. Dobbiamo pensare al meglio non solo e non tanto per noi stessi ma, soprattutto, per chi viene dopo di noi. Questo perché chi ci seguirà possa realizzare un progetto di vita migliore e possa, anche grazie al nostro impegno e al nostro sacrificio, “essere salvezza” per sé e per gli altri. Se ci riflettiamo questo è sempre stato il motore che ha spinto tutte le generazioni dell’umanità ad impegnarsi per chi veniva dopo … Buon cammino.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.,
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.
In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.

   Parola del Signore

Una coppia a servizio

Riportiamo di seguito le parole del papa all’udienza del 13 novembre scorso 2019 nel corso della quale ha messo al centro la testimonianza di Aquila e Priscilla, collaboratori di Paolo.

“PAPA FRANCESCO

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 13 novembre 2019
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Catechesi sugli Atti degli Apostoli – 16. «Priscilla e Aquila lo presero con sé» (At 18,26). Una coppia al servizio del Vangelo

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Questa udienza si fa in due gruppi: gli ammalati sono nell’Aula Paolo VI – io sono stato con loro, li ho salutati e benedetti; saranno 250 circa. Lì saranno più comodi per la pioggia – e noi qui. Ma loro ci guardano dal maxischermo. Salutiamoci tutti e due i gruppi con un applauso.

Gli Atti degli Apostoli narrano che Paolo, da evangelizzatore infaticabile quale è, dopo il soggiorno ad Atene, porta avanti la corsa del Vangelo nel mondo. Nuova tappa del suo viaggio missionario è Corinto, capitale della provincia romana dell’Acaia, una città commerciale e cosmopolita, grazie alla presenza di due porti importanti.

Come leggiamo nel capitolo 18 degli Atti, Paolo trova ospitalità presso una coppia di sposi, Aquila e Priscilla (o Prisca), costretti a trasferirsi da Roma a Corinto dopo che l’imperatore Claudio aveva ordinato l’espulsione dei giudei (cfr At 18,2). Io vorrei fare una parentesi. Il popolo ebraico ha sofferto tanto nella storia. È stato cacciato via, perseguitato … E, nel secolo scorso, abbiamo visto tante, tante brutalità che hanno fatto al popolo ebraico e tutti eravamo convinti che questo fosse finito. Ma oggi, incomincia a rinascere qua e là l’abitudine di perseguitare gli ebrei. Fratelli e sorelle, questo non è né umano né cristiano. Gli ebrei sono fratelli nostri! E non vanno perseguitati. Capito? Questi coniugi dimostrano di avere un cuore pieno di fede in Dio e generoso verso gli altri, capace di fare spazio a chi, come loro, sperimenta la condizione di forestiero. Questa loro sensibilità li porta a decentrarsi da sé per praticare l’arte cristiana dell’ospitalità (cfr Rm 12,13; Eb 13,2) e aprire le porte della loro casa per accogliere l’apostolo Paolo. Così essi accolgono non solo l’evangelizzatore, ma anche l’annuncio che egli porta con sé: il Vangelo di Cristo che è «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1,16). E da quel momento la loro casa s’impregna del profumo della Parola «viva» (Eb 4,12) che vivifica i cuori.

Aquila e Priscilla condividono con Paolo anche l’attività professionale, cioè la costruzione di tende. Paolo infatti stimava molto il lavoro manuale e lo riteneva uno spazio privilegiato di testimonianza cristiana (cfr 1Cor 4,12), oltre che un giusto modo per mantenersi senza essere di peso agli altri (cfr 1Ts 2,9; 2Ts 3,8) o alla comunità.

La casa di Aquila e Priscilla a Corinto apre le porte non solo all’Apostolo ma anche ai fratelli e alle sorelle in Cristo. Paolo infatti può parlare della «comunità che si raduna nella loro casa» (1Cor 16,19), la quale diventa una “casa della Chiesa”, una “domus ecclesiae”, un luogo di ascolto della Parola di Dio e di celebrazione dell’Eucaristia. Anche oggi in alcuni Paesi dove non c’è la libertà religiosa e non c’è la libertà dei cristiani, i cristiani si radunano in una casa, un po’ nascosti, per pregare e celebrare l’Eucaristia. Anche oggi ci sono queste case, queste famiglie che diventano un tempio per l’Eucaristia.

Dopo un anno e mezzo di permanenza a Corinto, Paolo lascia quella città insieme ad Aquila e Priscilla, che si fermano ad Efeso. Anche lì la loro casa diventa luogo di catechesi (cfr At 18,26). Infine, i due sposi rientreranno a Roma e saranno destinatari di uno splendido elogio che l’Apostolo inserisce nella lettera ai Romani. Aveva il cuore grato, e così scrisse Paolo su questi due sposi nella lettera ai Romani. Ascoltate: «Salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù. Essi per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese del mondo pagano» (16,4). Quante famiglie in tempo di persecuzione rischiano la testa per mantenere nascosti i perseguitati! Questo è il primo esempio: l’accoglienza famigliare, anche nei momenti brutti.

Tra i numerosi collaboratori di Paolo, Aquila e Priscilla emergono come «modelli di una vita coniugale responsabilmente impegnata a servizio di tutta la comunità cristiana» e ci ricordano che, grazie alla fede e all’impegno nell’evangelizzazione di tanti laici come loro, il cristianesimo è giunto fino a noi. Infatti «per radicarsi nella terra del popolo, per svilupparsi vivamente, era necessario l’impegno di queste famiglie. Ma pensate che il cristianesimo dall’inizio è stato predicato dai laici. Pure voi laici siete responsabili, per il vostro Battesimo, di portare avanti la fede. Era l’impegno di tante famiglie, di questi sposi, di queste comunità cristiane, di fedeli laici che hanno offerto l’“humus” alla crescita della fede» (Benedetto XVI, Catechesi, 7 febbraio 2007). È bella questa frase di Papa Benedetto XVIi laici danno l’humus alla crescita della fede.

Chiediamo al Padre, che ha scelto di fare degli sposi la sua «vera “scultura” vivente» (Esort. ap. Amoris laetitia, 11) – Credo che qui ci siano i nuovi sposi: ascoltate voi la vostra vocazione, dovete essere la vera scultura vivente – di effondere il suo Spirito su tutte le coppie cristiane perché, sull’esempio di Aquila e Priscilla, sappiano aprire le porte dei loro cuori a Cristo e ai fratelli e trasformino le loro case in chiese domestiche. Bella parola: una casa è una chiesa domestica, dove vivere la comunione e offrire il culto della vita vissuta con fede, speranza e carità. Dobbiamo pregare questi due santi Aquila e Prisca, perché insegnino alle nostre famiglie ad essere come loro: una chiesa domestica dove c’è l’humus, perché la fede cresca.

Saper scegliere

Il coraggio di essere appartiene ai forti, appartiene a chi sa scegliere il vero, a chi non ha paura di saper riconoscere il soffio dello Spirito.

Sacerdoti e anziani del tempo di Gesù hanno paura di ascoltare e riconoscere il vero, si preoccupano di preservare il loro potere, desiderano controllare e hanno paura di chi, strumento dell’amore di Dio, agisce con libertà per annunciare la buona notizia.

Sacerdoti e anziani del tempo di Gesù hanno timore che ci possa essere qualcuno, da loro non scelto, che possa, con la liberta dello Spirito, portare gioia e speranza al popolo oppresso. A loro interessa solo il controllo e non sanno distinguere l’opera di Dio. Dio, pero, sceglie secondo libertà i suoi messaggeri, sceglie i piccoli e i deboli per confondere i potenti. La storia della Chiesa, purtroppo, è piena di questi esempi (vedi ad esempio San Padre Pio da Pietralcina e le tante incomprensioni di cui è stato oggetto).

Quando, invece, il cuore è libero la vita sa esprimere il bene e tutto intorno cambia. Il vecchio potere è sconfitto, il popolo sceglie il nuovo di Dio e boccia le posizioni di privilegio. A questo punto i vecchi poteri si nascondono e tramano contro il nuovo per metterlo in difficoltà. Gesù smaschera i suoi avversari che sconfitti non sanno più cosa dire e cosa fare. L’unica loro possibilità è tramare la vendetta da mettere in atto con sotterfugi, menzogne e falsità.

Siamo perciò chiamati a fare scelte buone, scelte giuste, scelte capaci di liberare il popolo da ogni tipo di schiavitù.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?».
Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».
Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

   Parola del Signore

Il miracolo sei tu

Credere oggi è davvero difficile. Ma credere è stato difficile anche al tempo di Gesù. Perfino Giovanni che lo aveva annunciato e presentato al popolo sulle rive del Giordano dopo essere stato incarcerato ha dubbi.

«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».

Eccola la domanda che lo tormenta. Giovanni ha dei dubbi e chiede, tramite i suoi discepoli se Gesù è proprio lui quello che è stato inviato dal Padre. Credere è, perciò, davvero difficile.

Gesù risponde a Giovanni proponendo “fatti concreti”: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risorgono e ai poveri è annunciato il Vangelo.

Gesù propone segni, non fa discorsi, propone fatti concreti. Ed è cosi che ci trasmette un grandissimo messaggio: la nostra vita sia piena di fatti concreti.

Certo anche chi incontriamo deve essere disponibile a cambiare vita. Da parte nostra, però, ci sono cose concrete che possiamo fare: essere onesti e leali; praticare la gratuità; donare tempo, passione, vicinanza (se servo io ci sono); lasciare libertà e accompagnare a distanza, … questi sono i doni migliori se vogliamo aiutare qualcuno. Il resto dipende da Lui. È l’altro che deve riprendere la sua vita tra le mani e cambiarla. Gesù, infatti, nei “miracoli” diceva sempre: “la tua fede ti ha salvato”. Con linguaggio di questo tempo un vero cristiano fa cose concrete “alla Gesù” quando sostiene, incoraggia e accompagna. Quando prega perché l’altro si decida a “fare” della sua vita il capolavoro che Dio ha pensato per Lui.

Come Giovanni, siamo chiamati a preparare la via al nostro Gesù (cioè al fratello che incontriamo lungo la via). Questo è il nostro dovere. Sarà lui, poi a fare. Questi sono i miracoli della vita. La stessa cosa vale per i gruppi, le comunità locali. Non basta una buona guida o buoni collaboratori della guida, occorre anche un popolo desideroso di cambiare e fare la sua parte per vedere i miracoli, occorre credere nelle proprie possibilità e lavorare insieme. Non è facile ma si può fare.

Non è mai troppo tardi per iniziare, mai!!!

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”.
In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui».

   Parola del Signore

È già venuto

Chiudiamo gli occhi, facciamo silenzio e ascoltiamo. Anche noi siamo seduti con i discepoli di Gesù sul monte. Gesù è in preghiera. Ora la sua voce rompe l’aria e interrompe la quiete. Parla con dolcezza e fermezza e ci sta dicendo tutto ciò che abbiamo fatto nella nostra vita fino a questo momento. Lui sa tutto di noi. Nessuno di noi può sfuggire a questo momento. Nessuno.

Quando Gesù finisce di parlarci il silenzio si impadronisce ancora del tempo e del luogo. Ci chiede di lasciare il nostro passato, diabbandarlo al suo destino e di concentrare l’attenzione sul nostro presente e, soprattutto, su cosa dobbiamo fare per vivere bene l’oggi che Gesù ci ha appena suggerito indicando la via da seguire.

Gesù si alza e invita tutti a scendere nella pianura. Mentre si cammina ognuno ha il tempo di fare domande. Gesù risponde a tutti e chiarisce ogni dubbio.

Una delle domande riguarda il perché nel mondo ci sono persone che vivono senza di Lui, perché in tante occasioni ciascuno di noi fa finta di non averlo incontrato o, peggio, dice che Lui non c’è e che non è venuto nel mondo. Insomma perché non lo abbiamo riconosciuto e non riusciamo a riconoscerlo.

Gesù risponde fissando il suo sguardo su ciascuno di noi, nessuno escluso. Poi ci spiega che l’orgoglio di credere che da soli possiamo fare ogni cosa ci impedisce di vederlo e di incontrarlo; il nostro Ego, sempre più grande ci impedisce di ascoltare la sua voce. In questo modo la nostra incredulità prende il sopravvento e la nostra vita si perde nel mare dell’infelicità … della tristezza e l’inquietudine esistenziale si impadronisce dei nostri giorni. Senza di Lui non abbiamo scampo: se solo avessimo il coraggio di riconoscere il nostro bisogno di Lui e se solo riuscissimo a seguire i suoi buoni suggerimenti presto, molto presto, tante brutte avventure potrebbero avere fine. Ma diciamolo forte ed una volta per tutte: la nostra felicità è nelle nostre scelte, dipende da noi, dal nostro desiderio di incontrarlo e di camminare con Lui.

Gesù, infatti, ci offre la sua Parola e la sua guida verso la vera felicità. Egli ci suggerisce di vivere la semplicità, la sobrietà, la cura della famiglia, l’amore per ogni cosa che abbiamo ricevuto in dono e di essere attenti alle persone che mette sul nostro cammino. Ci invita a mettere ordine nella nostra vita ad accontentarci delle cose che abbiamo e a vivere la gioia senza distruggere la vita che abbiamo ricevuto in dono. Ci chiede di lasciare i sogni impossibili e di vivere del nostro, lavorando e godendo dei nostri beni, di essere un dono per gli altri, di amare il nostro prossimo e di liberarci dei pesi che opprimono le nostre giornate.

Possiamo farlo perché ne abbiamo la capacità; dobbiamo farlo per la nostra felicità; vogliamo farlo per essere la donna o l’uomo che Gesù ci chiede di essere: liberi, autonomi e realizzati. Tutto dipende da noi e da noi soltanto.

Basta con la rabbia che cerca di scaricare tutto solo e sempre sugli altri: è tempo di prendere il coraggio tra le mani, non c’è più tempo da perdere. L’ora giusta è questa. Non lasciamocela sfuggire, prendiamo l’unica decisione possibile: mettere ordine nelle nostre vite.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».
Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.

   Parola del Signore

Riconoscere

Chi sei? Dimmi chi sei? Vorrei proprio saperlo. Distratti dalla vita, incapaci di capire, scettici e prevenuti non ti abbiamo riconosciuto.

Tu ci scruti e ci conosci più di noi stessi, ci ami al punto da aver dato la vita per noi per mostrarci la via da seguire per la salvezza.

Sono trascorsi due millenni dalla tua incarnazione e noi siamo ancora più incapaci di capire.

Increduli, sempre meno disposti ad ascoltare riempiamo il tempo con una vita sempre più frenetica, piena di impegni e accumulando stress.

Nemmeno le tue opere sono capaci aprire il nostro cuore alla comprensione.

Oggi, vogliamo chiederti la Grazia di illuminarci e di farci abbracciare le persone che incontreremo nella nostra vita; vogliamo chiederti di stringere le nostre mani e guardarci negli occhi. Desideriamo ricevere la Potenza del tuo messaggio e farci avvolgere dal tuo amore che sa riscaldare il nostro cuore e spingerci a vivere una vita pacificata.

Signore aiutaci a sentirti vicino e a fare della nostra vita un capolavoro.

Franca e Vincenzo, osb-cam

 Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse alle folle:
«A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:
“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.
È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”.
Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».

   Parola del Signore