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Il “segreto” delle piccole cose

Cos’è un granello di senape?
Un piccolo seme,
solo un piccolissimo seme.

Un qualcosa di insignificante,
quasi un nulla.
Gettato nel campo
con il passare del tempo,
non ci puoi credere, ma cresce,
cresce al punto da diventare un albero.

Un albero che accoglie gli uccelli,
un albero che offre riparo,
un albero che fa un servizio,
un albero che dona una casa a chi casa non ha.

Tutto intorno nessuno si accorge,
se ne accorgono, però, gli uccellini
che soffrono il freddo,
che cercano un riparo,
che nessuno, oggi, vede.

Grazie piccolo granello di senape,
grazie perché ci mostri una via,
grazie perché accogli,
grazie perché ci mostri cosa essere e fare.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 13,18-21

In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».

E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Parola del Signore

Amare e saperlo comunicare

Amare è importante e lo è almeno quanto il saperlo comunicare. Si può amare tanto ma spesso  non si riesce a comunicarlo in maniera corretta. Non solo, a volte si è fraintesi e poi restano i rancori. Ma, nonostante tutto, siamo chiamati ad amare sempre e comunque come ci ricorda Gesù nel passo del Vengelo di Matteo che ascolteremo oggi a messa.

Franca e Vincenzo osb-cam

Dal Vangelo di Matteo
«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Ai cercatori d’infinito

Zaino in spalla, scarponi ai piedi e tanta voglia di camminare. È questa l’immagine del pellegrino, del cercatore d’infinito, del viandante sempre in movimento, dell’uomo che vuole trovare il Dio misterioso. Per entrare in questo club basterà alzare gli occhi al cielo, scrutare le stelle, orientarsi e spingere i propri passi nella direzione che il cuore ci indicherà e quando saremo stanchi, affaticati e oppressi ci fermeremo a riprendere fiato e ad osservare questo pazzo mondo che se lo vedi bene ti appare sempre agitato e in movimento ma senza una meta, senza un progetto. Ora tu, almeno tu, non farti prendere da questa follia, da questa inutile e inappagante corsa capace solo di condurre nel vuoto esistenziale. Allora proviamo insieme a guardare il cielo, rivediamo le stelle e riprendiamo a camminare dando un senso alla vita, a questa unica vita, che non possiamo sciupare rincorrendo miti fantastici. E così già da oggi, come ci propone il Vangelo di Luca, sentiamoci chiamati da Gesù e chiediamo di essere guariti dalle malattie che ci affliggono, di essere liberati dagli spiriti impuri e proviamo a distendere la mano per toccare il lembo del suo mantello.

Franca e Vincenzo osb-cam

Dal vangelo di Luca

“… erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti…”.

Senza terra, senza casa e senza lavoro.

Chi non ha terra, casa e lavoro non ha dignità, non ha nulla e, per il mondo, è un nulla. A questi, proprio a questi si rivolge Gesù e li definisce “piccoli e poveri”. Eppure sono proprio loro coloro i quali hanno maggiore possibilità di accogliere Gesù. I ricchi, i potenti, i pieni di se stessi, gli egoisti e gli invidiosi non potranno mai accogliere Gesù perché credono di essere i migliori e di avere il potere di poter fare tutto. I poveri e i piccoli, invece, con semplicità si affidano a Gesù e si mettono nelle sue mani. Cosi fanno anche tutti coloro che nei vari momenti della vita si consegnano con fiducia a Dio che conosce tutto di noi. Conosce i nostri dolori, i nostri dispiaceri, le nostre ansie, le nostre preoccupazione e sa di cosa abbiamo bisogno per offrirci la possibilità di tornare a Lui.  Non c’è niente che ci accade o che viviamo che Dio non sa. Fidiamoci e affidiamoci facendo, con il cuore, il nostro meglio per assecondare la sua volontà.

Franca e Vincenzo osb-cam

Oggi vi proponiamo anche un piccolo stralcio del commento di Enzo  Bianchi, della Comunità di Bose, che ci è molto piaciuto.

“Gesù è l’uomo delle beatitudini, proclamate perché da lui vissute in prima persona: è povero e umile, capace di piangere, mite, affamato e assetato di giustizia, puro di cuore, operatore di pace, perseguitato. Per chi si trova in queste condizioni, andare a Gesù significa trovare comunione, consolazione, intimità di un maestro che con dolcezza e umiltà accoglie sempre e non esclude nessuno. Chi non riesce a portare i pesi delle leggi, chi riesce solo a dire: “Pietà di me, che sono un peccatore!” (Lc 18,13), può andare da Gesù che lo accoglie tra le sue braccia e in lui riposare. Perché riposare è innanzitutto poter dimorare nella quiete tra le braccia di chi ci ama senza riserve.

C’è un giogo costruito dagli esseri umani, che racchiude comandi, precetti, osservanze, intransigenze, e c’è il giogo di Gesù, che è accoglienza dell’amore, della misericordia di Dio, dell’amore di fratelli e sorelle. Il giogo di Gesù non è senza fatiche: ma altro è faticare in quanto obbligati da precetti, altro è faticare per amore e ricevendo amore. Solo i piccoli, però, capiscono questa rivelazione, oggi come allora”.

Enzo Bianchi

Mt  11,25-30

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli : «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26 Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27 Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
28 Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29 Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30 Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Un riparo per passeri infreddoliti

Quando ottobre era ottobre, quando i primi freddi ci obbligavano ad indossare già qualche maglia, nei paesi di montagna poteva capitare anche che cadesse la neve. Così accadde quella volta che dopo alcuni giorni di freddo scese anche la prima neve. Fu cosi che decidemmo di accendere il fuoco nel camino. Poco dopo guardando fuori dalla finestra vedemmo alcuni passeri che stavano in gruppetto l’uno accanto all’altro per proteggersi dal freddo calato così improvvisamente. Fu in quel momento che decidemmo non solo di gettare qualche briciola di pane ma anche di aprire un piccolo ripostiglio con accesso dall’esterno posto accanto al camino dal quale lo separava solo una parete di mattoni al punto che il calore del fuoco offriva un po’ di tepore anche nel piccolo ripostiglio della legna e, quindi, era un riparo naturale per quei cinque passeri. Dopo pochi minuti i passeri erano gia nel ripostiglio dove a terra, tra la legna, c’era anche qualche filo di paglia. Insomma un gran bel posto per ripararsi e attraversare la notte.

In fondo può capitare anche a noi di vivere una situazione analoga quando, improvvisamente, cambiano le cose e possiamo ritrovarci in una situazione di difficoltà. Ebbene è proprio in quei momenti  che c’è bisogno che qualcuno apra una possibilità di riparo e ci offra uno spiraglio per attraversare la notte. Anche noi, però, possiamo fare altrettanto aprendo spiragli di speranza a chi vive un momento di difficoltà.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

Dal vangelo di Luca 12, 6-7

“Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: valete più di molti passeri!».

 

Tutti invitati

Tutti invitati alla festa.

Gesù vuole tutti salvi.
Nel Regno c’è posto per tutti.
Ogni momento ci chiama e
non si arrende neanche di fronte ai nostri no,
non si stanca di chiamarci
e ci vuole tutti presenti alla festa.

Indossiamo l’abito nuovo e andiamo!!!

Franca e Vincenzo osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo –

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario

“… andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”.

La paura impedisce la vita

“Fai quello che hai paura di fare”.

Semi di speranza.
Il cuore dell’uomo custodisce semi di speranza capaci di far germogliare i fiori più belli che possiamo immaginare. Questi piccoli semi, a volte invisibili, se curati saranno capaci di dare colore al mondo che ci circonda donando a chi ci sta intorno gioia e serenità.
Ma per essere luce occorre il coraggio di sperare, di abbandonare l’egoismo, di essere traghettatori di umanità, dispensatori di parole buone, … questo stile fa bene a noi e fa bene all’altro,
Tutti sappiamo bene cosa fare e come fare per seminare gioia e se abbiamo fatto qualcosa che non dovevamo basterà avere il coraggio di tornare sui nostri passi e riabbracciare il prossimo. Non è mai troppo tardi.
Se avrai questo coraggio, questo mondo, questo intrigato mondo, ricomincerà ad essere un giardino splendido dove la fraternità sarà di nuovo, per davvero, lo stile di vita più praticato e la terra tornerà ad essere quella che Dio ha immaginato quando l’ha creata.
Coraggio allora, inizia fin da subito ad innaffiare i semi del bene che porti nel cuore, metti da parte l’orgoglio, chiama quella persona che sai, chiamala e dille ciò che sai bene devi dirle e poi abbracciala forte. Solo cosi ricomincerai a vivere. Non aver paura di avere coraggio. Ascolta il tuo cuore e anche la tua vita sarà più bella.

Franca e Vincenzo osb-cam

Beati coloro che ascoltano la parola di Dio
e la osservano. (Lc 11,28)

Domare l’ira, la rabbia e la delusione

Certe ferite scavano solchi così profondi che segnano la memoria in maniera indelebile eppure è proprio in queste situazioni che si comprende che l’unica via possibile per la guarigione passa attraverso la consapevoleza del male subito. È da questa presa di coscienza che può partire davvero un cammino di guarigione che ci allontana piano piano dal male subito facendo crescere dentro di noi l’amore.

Quando riceviamo il male da una persona a cui siamo legati il dolore e la ferita sono ancora più profondi e fanno ancor più male. Così è accaduto a Dio tradito dal suo popolo. Ma come ha reagito Dio? La Bibbia ci mostra che nonostante l’ira, la delusione e la rabbia Dio perdona. Dare il perdono a chi ci ha tradito e ci ha offeso è  davvero  la via migliore per abbattere l’ira e far crescere l’amore. Si tratta di perdonare ogni male superando ogni desiderio di vendetta. Questo è l’unico modo che conosciamo per conquistare la pace nel cuore. Gesù si comporta cosi con i suoi aguzzini che, dopo un processo farsa, lo  crocifiggono  procurandoli una lunga agonia. La sua è stata una morte lenta, dolorosa e, peggio ancora, avvenuta nella indifferenza dei più e tra lo scherno dei suoi detrattori. Nonostante ciò, Gesù, prima di muorire invoca il perdono per i suoi assassini.

La croce, quindi, è via della salvezza, luogo che trasforma  l’odio in perdono.

Dopo, solo dopo, saremo capaci di vivere una vita secondo Cristo. Il resto è il nulla solo miserie umane vestite di odio e di rancori; solo azioni prive di  una reale ragione. Il perdono, infatti, dona pace e vita.

Questa è la via percorsa da Gesù e questa è la via che noi, chiamati ad imitarlo, siamo invitati ad esplorare.

Franca e Vincenzo osb-cam

E Gesù disse loro:

«Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».

Ed ora inizia a camminare…

 

 

Tra Marta e Maria

Un po’ Marta un po’ Maria,
un po’ azione e un po’ contemplazione.
Un po’ la necessità delle opere e
un po’ il bisogno della Parola.
Siamo presi dalla testimonianza
ma non possiamo fare a meno di ascoltare.
L’una e l’altra cosa sono indispensabili.
Questo ci dice, oggi, questa pericope e
questo siamo chiamati a fare.
Marta e Maria sono i due poli dentro i quali la vita in Cristo trova la via di farsi vita quotidiana, espressione autentica di una testimonianza davvero credibile.
Tutto avviene in casa, luogo di preghiera e di accoglienza dell’altro; luogo nel quale la Parola ispira la vita e offre una speranza semplice e credibile; luogo scelto da Gesù per incontrare le persone e per entrare nel loro cuore donando speranza e futuro.
La casa, perciò, le nostre case sono il posto nel quale ogni famiglia può e deve pregare, accogliere ed ascoltare.

Franca e Vincenzo osb-cam

«Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Quanto e’ difficile amare.

Quanto è difficile amare. Spesso si confonde l’amore con il possesso. Più spesso ancora ci si arroga il diritto di conoscere il cuore dell’altro ed è ancora più comune trovare chi, con leggerezza, giudica il cuore dell’altro. Ebbene il Vangelo di oggi ci parla di amare il prossimo come noi stessi e non di un generico “voler bene”. Per comprenderne la differenza ci affidiamo ad un noto  passo del “piccolo principe” e dopo aver riflettuto proviamo a decidere se amare come ci suggerisce Gesù nel vangelo di oggi Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso».)o se vogliamo voler bene oppure se preferiamo restare indifferenti di fronte al nostro prossimo che soffre o, peggio ancora, essere noi la causa della sua sofferenza.

Franca e Vincenzo osb-cam

Dal Piccolo Principe

Ti amo» – disse il Piccolo Principe.

«Anche io ti voglio bene» – rispose la rosa.

«Ma non è la stessa cosa» – rispose lui. – «Voler bene significa prendere possesso di qualcosa, di qualcuno. Significa cercare negli altri ciò che riempie le aspettative personali di affetto, di compagnia. Voler bene significa rendere nostro ciò che non ci appartiene, desiderare qualcosa per completarci, perché sentiamo che ci manca qualcosa.»

Voler bene significa sperare, attaccarsi alle cose e alle persone a seconda delle nostre necessità. E se non siamo ricambiati, soffriamo. Quando la persona a cui vogliamo bene non ci corrisponde, ci sentiamo frustrati e delusi.

Se vogliamo bene a qualcuno, abbiamo alcune aspettative. Se l’altra persona non ci dà quello che ci aspettiamo, stiamo male. Il problema è che c’è un’alta probabilità che l’altro sia spinto ad agire in modo diverso da come vorremmo, perché non siamo tutti uguali. Ogni essere umano è un universo a sé stante.

Amare significa desiderare il meglio dell’altro, anche quando le motivazioni sono diverse. Amare è permettere all’altro di essere felice, anche quando il suo cammino è diverso dal nostro. È un sentimento disinteressato che nasce dalla volontà di donarsi, di offrirsi completamente dal profondo del cuore. Per questo, l’amore non sarà mai fonte di sofferenza.

Quando una persona dice di aver sofferto per amore, in realtà ha sofferto per aver voluto bene. Si soffre a causa degli attaccamenti. Se si ama davvero, non si può stare male, perché non ci si aspetta nulla dall’altro. Quando amiamo, ci offriamo totalmente senza chiedere niente in cambio, per il puro e semplice piacere di “dare”. Ma è chiaro che questo offrirsi e regalarsi in maniera disinteressata può avere luogo solo se c’è conoscenza.

Possiamo amare qualcuno solo quando lo conosciamo davvero, perché amare significa fare un salto nel vuoto, affidare la propria vita e la propria anima. E l’anima non si può indennizzare. Conoscersi significa sapere quali sono le gioie dell’altro, qual è la sua pace, quali sono le sue ire, le sue lotte e i suoi errori. Perché l’amore va oltre la rabbia, la lotta e gli errori e non è presente solo nei momenti allegri.

Amare significa confidare pienamente nel fatto che l’altro ci sarà sempre, qualsiasi cosa accada, perché non ci deve niente: non si tratta di un nostro egoistico possedimento, bensì di una silenziosa compagnia.

Amare significa che non cambieremo né con il tempo né con le tormente né con gli inverni.

Amare è attribuire all’altro un posto nel nostro cuore affinché ci resti in qualità di partner, padre, madre, fratello, figlio, amico; amare è sapere che anche nel cuore dell’altro c’è un posto speciale per noi. Dare amore non ne esaurisce la quantità, anzi, la aumenta. E per ricambiare tutto quell’amore, bisogna aprire il cuore e lasciarsi amare.

«Adesso ho capito» – rispose la rosa dopo una lunga pausa.

«Il meglio è viverlo» – le consigliò il Piccolo Principe.