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Videro Gesù camminare sul mare.

A volte ci capita di vivere esperienze davvero difficili e complicate. Il vento ci soffia contro e fatichiamo molto per spingere i nostri passi in questa vita. Nonostante la buona volontà e il desiderio di raggiungere la meta che ci siamo prefissati emergono molti ostacoli tra i quali, il più difficile da superare è il nostro Ego, il nostro credere che tutto dipende da noi, che noi siamo il centro dell’universo. Non ci sfiora mai il dubbio che, invece, c’è un progetto che ci sovrasta, un disegno di Dio ampiamente superiore che non vogliamo ne vedere ne riconoscere. Quando questo accade restiamo sconvolti e ci spaventiamo tanto da essere incapaci di accogliere il grande progetto che Dio ha pensato per noi. Quando però con umiltà invitiamo Gesù ad entrare nella nostra vita (a salire sulla barca con noi) ci accorgiamo che tutto cambia. Quello che prima era indispensabile diventa superfluo; il nostro Ego si trasforma e in umilta ci affidiamo a Dio che, padrone assoluto della nostra vita, ci darà la forza e il coraggio necessari per vincere ogni sfida donando ai nostri giorni la pace e la gioia dell’innocenza.

Franca e Vincenzo, osb-cam

  Dal Vangelo secondo Marco

[Dopo che i cinquemila uomini furono saziati], Gesù subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare.
Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli.
Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò.
E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito.

   Parola del Signore

Vuoi guarire?

«Vuoi guarire?»: Giovanni 5, 1-9Vi fu una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. V’è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. [Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l’acqua; il primo ad entrarvi dopo l’agitazione dell’acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.] Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. 6 Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». 9 E sull’istante quell’uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. (Giovanni 5,1-9)

Commento della comunità di Taize

Gesù guarda con compassione l’uomo disteso a terra. È infermo da 38 anni … così tanto tempo! Ha perso la sua autonomia, inoltre, non ha nessuno che lo aiuti. Gesù vede la sua miseria, la sua sofferenza, la sua disperazione e gli parla: “Vuoi guarire?”. Non è il paralitico che chiede la guarigione, ma è Gesù che gli fa questa domanda.

Vuoi guarire? Chi non desidererebbe la guarigione? Tuttavia la risposta del paralitico è indiretta. Così immobilizzato e disperato, non riesce nemmeno a dare una risposta semplice e chiara. Forse non crede più che possa accadergli qualcosa di positivo. A questo diseredato che sembra essere incapace di fare qualcosa da solo, Gesù offre la guarigione. Non dice: “Sei guarito!”, ma “Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina!”. Come se gli dicesse: “D’ora in poi, prenditi cura della tua vita! Ne sei capace!”.

Ogni racconto di guarigione compiuta da Gesù rivela l’infinita bontà di Colui che lo ha mandato. Dio vuole la pienezza di vita per ogni essere umano. Tanti racconti nella Bibbia ci mostrano questo Dio che non può rimanere indifferente alla sofferenza del suo popolo e della sua creazione. Dio Creatore è Dio Salvatore. Nessuna regola religiosa, anche importante come quella del sabato, può impedire a Gesù di guarire il malato. La persona guarita è completamente reintegrata nella vita collettiva.

Possiamo leggere questo testo dal punto di vista delle nostre situazioni. In ognuno di noi ci sono ferite: ricordo di un’umiliazione, sogno non realizzato, desiderio insoddisfatto. Non è facile farvi fronte. Ci capita di fuggirle o nasconderle perché ci fanno male o ce me vergogniamo.

Per paura di fallire, di commettere un errore, ci manca l’audacia di correre un rischio, di assumerci la responsabilità e le conseguenze della nostra decisione. Invece di cogliere il possibile, spesso siamo immobilizzati di fronte all’impossibile. Diamo la colpa ad altri: genitori, insegnanti, responsabili della politica, impresa o chiesa.

Anche i gravi problemi del mondo ci assalgono: cambiamenti climatici, disuguaglianze, concorrenza spietata in campo economico, conflitti internazionali e guerre, crisi dei rifugiati … Di fronte alle sfide del mondo ci sentiamo impotenti e poveri. Il nostro pianeta assomiglia all’uomo del Vangelo che era paralizzato per 38 anni.

Nella vita collettiva, come nella vita personale, invece di cadere nel fatalismo, possiamo ascoltare la parola di Gesù: Vuoi guarire? Vuoi cambiare vita? Vuoi una vita piena? Vuoi cambiare la società, rendere la terra più abitabile per tutti? Credi che sia possibile? Allora, alzati! Inizia oggi, prendi la tua parte di responsabilità! Fai il primo passo, non sei più solo! Cerca amici che condividono la stessa fede, i medesimi valori. Con tutti gli umani di buona volontà – ce ne sono molti! – prendiamoci cura della creazione. Così facendo troverai un senso alla tua vita.

In una preghiera silenziosa, ascoltiamo la voce di Cristo e vediamo anche lo sguardo di Cristo che ci mormora: vuoi guarire?

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 Quali sono le persone / situazioni intorno a me che hanno bisogno di guarigione?

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 Cosa ci impedisce di vivere una vita piena? A livello personale e collettivo, cosa ci aiuta a liberarci?

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 “Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina!” In che modo queste parole di Gesù m’interpellano?

La casa di Nazareth

La casa di Nazareth è il luogo nel quale per trent’anni Gesù cresce, si fortifica, dove si riempie di sapienza e dove la grazia di Dio lo abita. Lo straordinario abita l’ordinario; il complesso si svela nel semplice; il divino si affida all’umano.

Vivere è un cammino nel quale onestà, rispetto, impegno e responsabilità si fanno forza e collaborano per costruire futuro e per scrivere pagine inedite capaci di sorprendere anche chi ne è l’autore.

Questo è il messaggio che emerge dal silenzio dei trent’anni nei quali Gesù vive in questo sperduto villaggio della Galilea abitato da qualche centinaio di persone. Nazareth è un villaggio ai margini, fuori dalle vie principali percorse dalle carovane. Poche case, in parte grotti, senza servizi. Eppure, qui, Maria e Giuseppe lo educano e gli trasmettono le antiche scritture.

Dio ha avuto bisogno di due semplici genitori, si è affidato a loro per cambiare la storia del mondo. Dio si fida di noi, si affida a noi e ci accompagna (tutti, nessuno escluso) perché ci ama e perché crede nell’uomo, in tutti, anche se sbagliamo, anche se non crediamo in Lui. Dio si fida e si affida. Anche noi, siamo invitati a fidarci e ad affidarci a Lui.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

[Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore.] C’era una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

   Parola del Signore

Fuggire e Amare

Di fronte alla rabbia di Erode l’unica possibile risposta è fuggire (come fa Giuseppe portando via Gesù in Egitto) e amare. Gesù, da adulto, come i bambini innocenti fatti uccidere dalla paura e dalla rabbia di Erode, morirà sulla croce tra lo scherno e l’indifferenza del popolo. Perseguitato, processato, flagellato, viene crocifisso ma Lui risponde con l’Amore. Non reagisce Gesù, non si oppone, non giudica, non accusa, ma cerca di Amare e, anche appeso alla croce, perdona. Gesù, quindi, accetta su di sé il male del mondo quello che, a volte, si impadronisce del nostro cuore ma lo vince con il bene. In questo modo egli ci indica la via della salvezza e della pace del cuore. Anche noi possiamo conquistarla e per farlo siamo chiamati ad accogliere, per prima cosa, il nostro dolore e, se riusciamo, anche quello del mondo che ci circonda; siamo invitati a cambiare le categorie che guidano le nostre scelte; ci è chiesto, in sostanza, di godere delle tante cose belle che abbiamo e che non vediamo e a metterci a servizio degli altri.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».
Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«Dall’Egitto ho chiamato mio figlio».
Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi.
Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa:
«Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande:
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché non sono più».

   Parola del Signore

Credere all’impossibile

Credere all’impossibile è molto difficile e quando non si crede non si riesce neanche a parlare. Come Zaccaria che non avendo creduto resta muto. Solo dopo che Elisabetta avrà partorito e l’impossibile si sarà fatto possibile le cose cambiano. Al bimbo Elisabetta vuol dare il nome di Giovanni e Zaccaria che nel frattempo ha capito la lezione di Dio confermerà.

Chiediamoci, quindi, se anche noi, come Zaccaria, non siamo capaci di credere a Dio e alla sua potenza e, perciò, restiamo muti in tante situazioni della vita. Non credendo che Dio può, per esempio, far sgorgare acqua dalla roccia, o cambiare la nostra vita, restiamo muti. Non riusciamo a condividere il cuore, ad Amare, a donare. Non riusciamo ad essere felici. Non riusciamo a dare senso alla nostra vita.

La storia di Elisabetta e Zaccaria, invece, ci aiuta a sperare nell’impossibile; ci aiuta a capire che obbedire a Dio è via di salvezza; ci aiuta a condividere la vita donando la nostra senza nulla chiedere in cambio.

L’esperienza di Zaccaria ci mostra che farsi umili e obbedienti ci farà brillare agli occhi di Dio e ci mostrerà la via per essere felici appagando il nostro desiderio di senso.

Franca e Vincenzo, osb-cam

 Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.
Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».
Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.
Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.

   Parola del Signore

Il mistero

Ci sono fatti ai quali non riusciamo a dare una spiegazione, eventi che ci sorprendono e altri di fronte ai quali restiamo senza parole.

Giuseppe, vive tutta questa realtà ma sente nel cuore di essere chiamato ad accoglierla e da uomo “giusto” cioè fedele alla Legge mosaica trova la via per farsi strumento capace di agevolare il “piano di Dio”.

Giuseppe sogna, e sogna in grande. Sogna cose che razionalmente appaiono impossibili ma il suo cuore crede, invece, oltre la nostra piccolezza. Ha fiducia, tanta fiducia e ha il coraggio di affidarsi pienamente. Il “mistero” trova un saggio che lo accoglie e lo accarezza nel grande silenzio di un agire quotidiano che finirà per cambiare la storia.

La Potenza di Dio entra nel grembo di Maria e si fa carne; entra nella storia del mondo per cambiare il mondo.

Mai come in questo tempo Giuseppe è modello di vita al quale ispirarsi; espressione di una semplicità disarmante; segno di una fede che supera la ragione esaltando il cuore; uomo del silenzio che vince ogni chiasso e schiamazzo; capace di sognare cose grandi vincendo la mediocrità di questo mondo; coraggioso e forte è fedele alla missione, non rinuncia al suo compito e favorisce il “mistero” cioè il piano di salvezza che Dio ha pensato per l’uomo, per ogni uomo, nessuno escluso.

Mi chiedo:

Ho accolto il piano di Dio per me, oppure perseguo miei desideri?

Ho affidato la mia vita nelle mani di Dio?

Ho fiducia in Dio che mi ama?

Guardando alla vita Giuseppe cosa debbo migliorare della mia vita?

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

   Parola del Signore

È l’ora di andare

 

Maria si alza per andare da Elisabetta,

il cuore batte forte,

il passo si fa veloce,

supera le asperità dei monti,

fino ad una città di Giuda.

Entra, saluta e si emoziona,

avverte il sussulto di un bimbo,

il cuore batte più forte.

Nella stanza irrompe lo Spirito Santo,

Spirito creatore,

Spirito rivelatore 

Spirito di consiglio.

Il mistero ha preso forma,

la verità si fa vita e

la benedizione di Dio si è fatta storia.

Anche noi siamo chiamati ad alzarci abbandonando ogni pigrizia e a camminare con entusiasmo spingendo i nostri passi tra le asperità e le fatiche di questo giorno per andare verso gli altri che ci attendono.

L’incontro sarà denso di emozioni, anche noi avvertiremo il sussulto di cuori che battono forte riconoscendo la passione del nostro fare.

Così facendo collaboreremo per costruire un mondo più umano e perciò più vero. 

Un mondo migliore.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

   Parola del Signore

Nostalgia

Mai come in questo tempo affiora nei nostri cuori una profonda “nostalgia” di Dio. Ma non è un sentire triste o, peggio, un bisogno di guardare indietro. No, assolutamente no. La nostalgia della quale parliamo riguarda il bisogno di affrontare uniti il presente e il desiderio di ricevere nel cuore la voce che ci dice: “Non temere“. È la stessa voce che raggiunge Maria per darle sicurezza sul suo presente e sul suo futuro e che la invita a stare nella gioia.

Dio interviene con potenza e Grazia, e il suo Spirito ci proteggerà. Il grande merito di Maria sta nell’aver accolto con docilità l’annuncio dell’angelo mettendosi nelle mani di Dio e lavorando senza alcuna pigrizia. Maria si è data molto da fare, ha accettato il compito affidato (accogliere un figlio, allevarlo, istruirlo e poi lasciarlo andare). Un compito che Dio, con il dono dei figli ha dato anche a molti di noi. Questo, infatti, è il nostro compito più importante. Vivere mettendo al primo posto la carriera, il successo, il denaro, la conquista delle cose materiali è fonte di grande infelicità. È, infatti, un superfluo che è vuoto, incolore e anche fonte di tristezza e inquietudine. Al cristiano che ha la gioia basta di poter lavorare con onestà e dare il meglio di se per il bene dei figli affidati. Il resto, tutto il resto, sono cose non essenziali e la cui ricerca non ci aiuta a vivere con serenità.

Se accoglieremo davvero il mandato ricevuto da Dio (crescere ed educare figli) faremo esperienza della Sua potenza e del suo grande Amore per noi.

Capiremo che “nulla è impossibile a Dio” e che la vera felicità, quella che non tramonta mai, sarà per sempre con noi. La stessa vita sarà piena di colori come i fiori di un campo a primavera e la diversità sarà per tutti bellezza del creato.

Abbandoniamo la tristezza e accoglienti e operativi agiamo per il bene dei figli affidati crescendoli con Amore.

Franca e Vincenzo, osb-cam

 Dal Vangelo secondo Luca

Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

   Parola del Signore

I doni di Dio

Ci sono bisogni e desideri che portiamo nel cuore e che non trovano la strada per farsi realtà. Per la loro realizzazione eleviamo suppliche e preghiere. Lo stesso fa Zaccaria che aveva il desiderio di un figlio da Elisabetta.

Il Signore ascolta la preghiera di Zaccaria e l’angelo Gabriele è inviato per annunciare la Grazia di Dio. Elisabetta partorirà un figlio e il suo nome sarà Giovanni.

Le preghiere di Zaccaria, quindi, sono capaci di sciogliere il cuore di Dio che si muove per donargli un figlio a cui darà il nome di Giovanni che significa dono di Dio.

Ancora una volta Dio è fedele alle sue promesse, anche a quelle che appaiono impossibili. Ma noi, siamo fedeli a Dio? Crediamo nel suo aiuto? Preghiamo, cioè abbiamo un dialogo sincero con il nostro Signore?

La storia di Zaccaria, Elisabetta e Giovanni è emblematica. Noi abbiamo la loro fede?

Ci fidiamo e affidiamo realmente a Dio Padre? Crediamo nel suo Amore per noi?

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccarìa, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.
Avvenne che, mentre Zaccarìa svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso.
Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccarìa si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Egli camminerà innanzi a lui con lo spirito e la potenza di Elìa, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto».
Zaccarìa disse all’angelo: «Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni». L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo».
Intanto il popolo stava in attesa di Zaccarìa, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto.
Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».

   Parola del Signore

Saper scegliere

Il coraggio di essere appartiene ai forti, appartiene a chi sa scegliere il vero, a chi non ha paura di saper riconoscere il soffio dello Spirito.

Sacerdoti e anziani del tempo di Gesù hanno paura di ascoltare e riconoscere il vero, si preoccupano di preservare il loro potere, desiderano controllare e hanno paura di chi, strumento dell’amore di Dio, agisce con libertà per annunciare la buona notizia.

Sacerdoti e anziani del tempo di Gesù hanno timore che ci possa essere qualcuno, da loro non scelto, che possa, con la liberta dello Spirito, portare gioia e speranza al popolo oppresso. A loro interessa solo il controllo e non sanno distinguere l’opera di Dio. Dio, pero, sceglie secondo libertà i suoi messaggeri, sceglie i piccoli e i deboli per confondere i potenti. La storia della Chiesa, purtroppo, è piena di questi esempi (vedi ad esempio San Padre Pio da Pietralcina e le tante incomprensioni di cui è stato oggetto).

Quando, invece, il cuore è libero la vita sa esprimere il bene e tutto intorno cambia. Il vecchio potere è sconfitto, il popolo sceglie il nuovo di Dio e boccia le posizioni di privilegio. A questo punto i vecchi poteri si nascondono e tramano contro il nuovo per metterlo in difficoltà. Gesù smaschera i suoi avversari che sconfitti non sanno più cosa dire e cosa fare. L’unica loro possibilità è tramare la vendetta da mettere in atto con sotterfugi, menzogne e falsità.

Siamo perciò chiamati a fare scelte buone, scelte giuste, scelte capaci di liberare il popolo da ogni tipo di schiavitù.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?».
Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».
Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

   Parola del Signore