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Stanchi e sfiniti

 Gesù guarda il popolo e ne ha compassione. Perché? Gli vede stanchi e sfiniti “come pecore che non hanno pastore”. Sacerdoti e scribi del tempo di Gesù avevano smarrito la retta via e contribuivano all’oppressione del popolo. Non erano più guide spirituali credibili. La loro vita non era una buona testimonianza. Gesù ha compassione del popolo lasciato a se stesso. La sua prima reazione di fronte a questa realtà è quella di chiedere ai suoi amici discepoli di pregare affinché il Padre apra il cuore ad altre persone che sentendo la chiamata al servizio decidano di dedicare la vita al bene del popolo e si facciano testimoni credibili della buona notizia del vangelo. Nel frattempo diede ai suoi discepoli il “potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità“. Ed è così che li invio in mezzo al popolo per annunciare che il “regno è vicino”.

È di grande consolazione ascoltare che i discepoli sono inviati in mezzo al popolo per guarire gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gesù pensa al bene del popolo, interviene per scacciare il male che abita l’uomo nel corpo e nello spirito. Tutto questo è molto consolante e ci invita a domandarci: da quale malattia devo essere guarito? Quale è il male che mi avvolge? Da quale sozzura devo essere purificato?

Ecco, Gesù, ci invia i suoi discepoli che guariscono, fanno rinascere a vita nuova, purificano e scacciano via il male che ci opprime. Chiediamo al Signore di essere guariti, chiediamolo nella preghiera, domandiamo con sincerità e semplicità e Lui che vede nel segreto farà ogni cosa con grande misericordia. Signore aiutaci ad avere l’umiltà di chiedere, il dono di farlo con semplicità e il desiderio di essere veri credendo nel dono della gratuità che tocca il cuore e la mente per trasformare le nostre povere esistenze in qualcosa di gradito al Signore. Signore, infine, porta via da noi ogni stanchezza e facci incontrare pastori santi e testimoni credibili che possano guarire le nostre malattie del corpo e dello spirito.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.
Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

   Parola del Signore

La casa forte

Alziamo lo sguardo per contemplare il cielo e ascoltiamo la Parola per scoprire la volontà di Dio. È cosi che, il cristiano, prepara il cuore e la mente a decidere cosa, come e quando fare qualcosa. Ed è cosi che i buoni progetti di vita prendono corpo e offrono i segni della solidità e della stabilità. Restano fuori gioco le azioni frettolose, quelle senza un fondamento … le azioni destinate a produrre solo insicurezza e fallimenti. Non possiamo, per esempio, costruire una casa con materiali scadenti oppure se non si possiedono le risorse necessarie. Comportarsi così è, per davvero, mettere a rischio il nostro futuro.

La casa costruita sulla roccia è, lo sappiamo, il simbolo della solidità e stabilità, il segno della vita e della fortezza, l’immagine della costruzione dell’uomo saggio. L’uomo saggio, infatti, vive la vita nella parsimonia, utilizzando le disponibilità che ha e spendendo ciò che realmente è in suo possesso. Non fa investimenti oltre le sue possibilità ed è felice di ciò che ha cercando di conservarlo al meglio.

La casa costruita sulla sabbia, invece, è il simbolo della insicurezza e del fallimento, della precarietà e della fragilità, l’immagine della costruzione dell’uomo stolto. L’uomo stolto, infatti, fa cose che non dovrebbe e persegue sogni impossibili. Ha un falso concetto di felicità e compie errori dopo errori. La sua vita resterà sempre una vita infelice perché di fatto rinuncia a vivere il bello e il buono che possiede. È ricco e non lo sa o, meglio, lo sa ma con le sue scelte o non scelte finisce nella povertà.

A misurare la bontà e bellezza della costruzione ci penseranno le difficoltà della vita, i disagi, gli ostacoli e ogni evento che richiede la capacità della resistenza e la spinta a fare scelte responsabili.

A permetterci la possibilità di un giudizio sarà, come sempre, la vita buona che l’uomo realizzerà ascoltando e mettendo in pratica la volontà del Padre. Una volontà che è sempre per il nostro bene e per donarci quella felicità che diciamo di volere mentre in realtà inseguiamo sogni impossibili che il male ci mette nel cuore proprio per farci star peggio. È così che sprechiamo la vita e siamo sempre di corsa e, purtroppo, infelici.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

   Parola del Signore

Ci attende in montagna

Sul monte con Gesù c’è una grande folla di persone e queste gli portano “zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati”. Gesù li guarisce tutti. Allo stesso modo è pronto a guarirci dai mali che ci affliggono siano essi fisici o di altra natura. Gesù si prende cura dei nostri bisogni e ci aiuta a ritrovare la via che abbiamo smarrito ma noi dobbiamo esser pronti a salire con Lui sulla montagna e a chiedere la guarigione. Gesù, infatti, si appassiona all’uomo, da la sua vita per noi e con pazienza sa attendere fino a quando non decidiamo di cambiare vita. Gesù ci attende e non spera altro che noi decidiamo di cambiare vita, ci attende fino all’ultimo, fino al giorno finale nel quale lo incontreremo faccia a faccia. La nostra guarigione dipende, infatti dalla disponibilità con la quale siamo disposti a riconoscere le nostre malattie. Egli ci attende sempre ma senza la nostra disponibilità personale a cambiare la nostra vita nemmeno Lui può fare niente.

Se, però, riusciamo a compiere l’atto di riconoscerci malati e bisognevole di aiuto Egli saprà come donarci la guarigione e una gioia senza fine. Ma siamo consapevoli dei nostri sbagli? Quali sono le nostre priorità? La famiglia, i figli, la loro sicurezza? Di fronte ad una situazione di pericolo come mi comporto? Cosa mi impegno a salvare? Da cosa devo guarire?

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele.
Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».
Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.

   Parola del Signore

I piccoli

I “piccoli” sono le persone che ricevono la rivelazione, sono le persone capaci di vedere il buono e il bello che Dio ha deciso di far conoscere in Gesù.

Noi vogliamo essere grandi, ricchi, potenti … colti, sapienti e, se possibile, importanti e degni di essere riveriti. Gesù, invece, sceglie i piccoli, le persone semplici, quelle che, con innocenza, si affidano mettendosi nelle mani e nella volontà di Dio.

Gesù, con meraviglia generale sceglie i piccoli ai quali svela i segreti del Regno e dei quali si fa compagno di viaggio.

Essere piccoli, perciò, significa godere della bellezza di Dio, essere persone capaci di essere gioiose e felici di ciò che si è e di ciò che si ha.

Essere piccoli è lo speciale che Dio-Padre esalta, è la porta per entrare nella piena conoscenza del mistero ed essere davvero profondamente e veramente felici.

Piccoli, felici, semplici, sobri e pieni di gioia è lo straordinario di Dio che ci permette di essere scelti per accogliere la bellezza del Regno di Dio.

I piccoli non sono gelosi, non sono invidiosi e sono capaci di gesti generosi, di donare tutto ciò che hanno e di accogliere e riconosce la bellezza pacificamente del Regno di Dio, già pienamente presente nel quotidiano.

I piccoli sono generosi, teneri e pieni di parole buone che donano con generosità.

Dio-Padre aiutaci ad essere piccoli, semplici e ad accontentarci delle tante cose che abbiamo e delle quali non ci accorgiamo.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

   Parola del Signore

Gesù guarisce

“Non sono degno che tu entri sotto il mio tetto”. Riconoscersi “non degno” di ricevere Gesù è il primo segnale della nostra fede. Questo riconoscimento della propria condizione è la dimostrazione che ci siamo avviati sulla strada della salvezza. A questa condizione di base si aggiunge la forza di chiedere una Grazia. Il centurione del Vangelo chiede, infatti, un intervento di Gesù ma, attenzione, non chiede per se stesso, chiede a Gesù di guarire il suo servo che è a letto, paralizzato e che soffre terribilmente. Questa richiesta del centurione che non chiede per se stesso ma per un suo “servo” richiama l’attenzione di Gesù che si meraviglia sia per l’umiltà dimostrata da quel pagano sia per la fede che quest’uomo dimostra e commenta: “non ho trovato nessuno con una fede così grande!”.

Quante volte noi in maniera spontanea di fronte alle difficoltà della vita ci rivolgiamo a Gesù chiedendo il suo intervento per sollevarci dalla nostra croce e, magari, se nulla accade ci arrabbiano e aggiungiamo : “che male ho fatto per meritarmi tutto questo?”. Chi di noi, invece, con umiltà, sa riconoscersi non meritevole di ricevere attenzione? Chi di noi è capace di chiedere a Gesù il dono di una Grazia non per se stesso ma per gli altri?

Oggi, facciamoci queste due semplici domande e, se poi vogliamo, preghiamo il Signore perché intervenga nelle situazioni di bisogno fisico e di vita di qualche persona della quale conosciamo la condizione. È un bell’esercizio che ci aiuta a riflettere sulla nostra vita e a vivere la necessità della continua conversione.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».

Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».

   Parola del Signore

Dio viene

Siamo in attesa, meravigliosa attesa del Dio bambino, del Dio che dona consolazione e vita. Ma dove “viene Dio”. Dio viene nel quotidiano, viene nell’ordinario dei nostri giorni. Egli chiede di essere riconosciuto e di essere accolto. Viene nelle piccole cose e in questa realtà semplice egli dona la sua misericordia. La vita di tutti i giorni, vissuta con attenzione ai fatti, con disponibilità all’ascolto è capace di mostrare il volto del Signore. In questo quotidiano desideriamo pregare con te affinché il Signore ci permetterà di accogliere il mistero di Dio nelle cose semplici, piccole, … nella nostra storia di famiglia, nell’incontro con le persone che Gesù ci mette davanti … Grazie a te che leggi queste povere riflessioni e che condividi con noi la passione per la Parola.

Noi siamo chiamati a vegliare, a non farci prendere dal sonno, a vivere la scoperta del mistero nelle pieghe dei fatti che il provvidenziale disegno di Dio ci consegna e ad accogliere ogni cosa come una sua visita con la quale vuole far sentire la sua grande presenza pacificamente. Disponiamoci all’incontro, togliamo ogni barriera e pensiero che ostacola la sua presenza e vedremo cambiare la nostra vita. Siamo chiamati a vegliare e a capire che noi da soli non possiamo fare nulla e che senza la sua Grazia e senza il suo favore siamo candidati al fallimento.

Gesù ci chiama a vigilare sul nostro cuore, ci chiama ad agire con gli altri riconoscendoci bisognosi di aiuto e di sostegno, ci chiama a cercarlo nelle pieghe del nostro quotidiano e a scoprirlo accanto a noi sempre, in ogni istante della nostra vita.

… Franca e Vincenzo, osb-cam🙏

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

   Parola del Signore

Il nostro Re

34° domenica del Tempo ordinario

Eccolo il nostro Re,

appeso alla croce,

elevato tra cielo e terra.

Nel momento del massimo dolore

riceve le ultime tentazioni,

i capi del popolo e i soldati

lo deridono e gli dicono:

“salva te stesso”.

Gesù non risponde.

Uno dei malfattori 

esplode di rabbia:

“Salva te stesso e noi”.

Gesù non risponde.

Dal suo corpo si diffonde solo 

dolore, sguardi pietosi e silenzio, 

L’altro condannato invece

rimprovera il compagno,

lo ammonisce e riconosce la loro colpa,

nell’ultimo istante tenta una relazione 

lancia un profondo disperato appello.

Ora Gesù risponde:

“oggi con me sarai in paradiso”.

Gesù accoglie tutto il male,

si carica addosso ogni iniquità,

sopporta ogni dolore,

vince le ultime tentazioni,

si fa profondamente vicino a chi soffre,

apre relazioni,

offre conforto fino alla fine.

Questo è il vero Re dell’Universo.

Un Re opposto a quelli di questo mondo.

Un Re che soffre con chi soffre.

Un Re che si carica dei dolori del mondo.

Un Re che condivide il nostro dolore.

Un Re che ci mostra la via.

Questo è il mistero della salvezza.

Questo è piano di Dio per gli uomini 

Questo è il progetto più vero.

Questa è la via per vivere la gioia.

Stiamo attenti a coloro che si vestono da Re di questo mondo e usano il potere per opprimere, escludere, emarginare, ricevere onori e gloria e che magari si atteggiano a compagni di viaggio e, invece, incarnano solo potere.

Tutti, al contrario, siamo chiamati nell’umiltà e a fare il bene per donare vita ed essere relazione anche quando il dolore, la sofferenza e le tentazioni cercano di farci abbandonare la nostra croce.

                           Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».

Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».

E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

   Parola del Signore

Ritorno in Galilea

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PENSIERO DELLA 33° DOMENICA

“Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.

Sentiamo nel cuore che oggi, come nella domenica di Pasqua, Gesù invita i discepoli a tornare in Galilea, dove tutto è cominciato. 

Anche per ognuno di noi c’è una “Galilea” all’origine del cammino con Gesù. 

Tornare in Galilea significa anzitutto tornare lì, a quel punto incandescente in cui la Grazia di Dio mi ha toccato all’inizio del cammino. E’ da quella scintilla che posso accendere il fuoco per l’oggi, per ogni giorno, e portare calore e luce ai miei fratelli e alle mie sorelle. Da quella scintilla si accende una gioia umile, una gioia che non offende il dolore e la disperazione, una gioia buona e mite.

Signore, aiutami: dimmi qual è la mia Galilea; sai, io voglio ritornare là per incontrarti e lasciarmi abbracciare dalla tua misericordia.

Eremo di famiglia camaldolese

Lc 21, 5-19

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

   Parola del Signore

Preghiera e servizio

Pregare, pregare sempre senza mai fermarci e aver fede che il Signore non ci abbandona mai. Secondo la sua volontà, nel rispetto dei suoi tempi ma sempre per il nostro bene Egli non potrà mai farci mancare il suo aiuto e il suo sostegno.

Pregare è anche il modo migliore per servire i fratelli. La forza della preghiera, infatti, nella sua apparente debolezza è capace di vincere ogni male e superare ogni barriera. Leggera come una piuma si insinua tra le pieghe della vita, accarezza i cuori e soprattutto i cuori feriti, quelli spezzati dal dolore e dalla fatica dell’esistenza. La preghiera è medicina di guarigione, occasione di rinascita, speciale segno di fiducia e affidamento. Concludiamo con un pensiero di Chiara Lubich:

“Non posso aver la pretesa che il fratello contraccambi il mio servizio, che si converta al mio modo di pensare e neanche che riconosca la mia buona intenzione.L’eroicità dell’amore sta nel fatto che sia totalmente gratuito.Il servo che fa solo ciò che gli compete non è un servo perfetto perché fa solo il suo dovere. Dobbiamo andare oltre il dovere e servire tutti, tutte le persone che incontriamo.
Chi ama con amore gratuito è colui che serve tutti”. (Chiara Lubich)

Eremo di famiglia💫

Lc 18,1-8

In quel tempo Gesù 1 diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: «Fammi giustizia contro il mio avversario». 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: «Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi»». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Servi inutili

Riteniamo che il passo del Vangelo di oggi abbia e debba sempre più avere un rilievo importante nella nostra vita. Il Signore che ci ha offerto il dono della chiamata a servirlo è, infatti, il nostro “premio”. Che altro desideriamo? Essere al suo servizio è già motivo di grande gioia. Essere suoi servi è grazia che Egli dona a piene mani e che ciascuno di noi è chiamato ad accogliere. È già appagante riconoscersi semplicemente servi. Tutto ciò ci chiede di non avere alcuna pretesa e alcun merito. Siamo invitati a non crederci decisivi e a non credere di essere indispensabili. Nulla è merito nostro e niente dobbiamo rivendicare mai ed in nessun caso. I servi, cioè noi, non abbiamo bisogno di riconoscimenti da parte di nessuno ma siamo già beati nel Signore. La sua vicinanza, la sua presenza e il suo Amore è la ricompensa più grande e anche più immeritata.

Ogni giorno, perciò, costi quel che costi siamo chiamati a gioire nel mettere in pratica il comandamento dell’Amore e siamo chiamati a perseverare anche quando non siamo compresi e perfino quando c’è chi ci osteggia o peggio ci esclude, ci attacca o ci emargina. L’Amore è più grande di ogni male e vince sempre. Questa è la chiamata del cristiano.

Il Signore ci dia la forza e il coraggio di essere sempre suoi testimoni credibili.

Che Dio ci aiuti!!!

Franca e Vincenzo, osb-cam

Lc 17,7-10

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: «Vieni subito e mettiti a tavola»? 8Non gli dirà piuttosto: «Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu»? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»».