Archivi categoria: Commento ai Vangelo

Il pubblicano giustificato

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 18,9-14

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Parola del Signore.

Il Papa spiega che il perdono connota il cristiano perché ognuno di noi “è un perdonato o una perdonata”. La misericordia di Dio è infinita e ineguagliabile, afferma, ma perdonandoci reciprocamente possiamo dare testimonianza del suo amore e spargerlo intorno a noi:

Fuori del perdono, infatti, non c’è speranza; fuori del perdono non c’è pace. Il perdono è l’ossigeno che purifica l’aria inquinata dall’odio, è l’antidoto che risana i veleni del rancore, è la via per disinnescare la rabbia e guarire tante malattie del cuore che contaminano la società.

Le domande che ciascuno di noi oggi deve farsi, conclude Francesco, è se sente nel suo cuore la gioia di essere oggetto del perdono di Dio, sempre pronto alla misericordia, e poi se riesce a perdonare gli altri. Quindi propone un “piccolo esercizio”:

Proviamo, adesso, ciascuno di noi, a pensare a una persona che ci ha ferito, ognuno pensi a una, e chiediamo al Signore la forza di perdonarla. E perdoniamola per amore del Signore: fratelli e sorelle, questo ci farà bene, ci restituirà la pace nel cuore.

Franca e Vincenzo oblati camaldolesi ❤️

Amare Dio, amare il prossimo

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 12,28b-34

In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Parola del Signore.

… per chi ama Dio l’amore al prossimo è una conseguenza.

“Amare Dio con tutto il cuore”. È nel cuore, infatti, che troviamo il bene e il male (ce lo insegna Gesù) ed è dal cuore che escono le azioni dell’uomo. Perciò possiamo fare le cose per apparire santi o con retta intenzione: sarà nel cuore che prenderemo la decisione.

Purifichiamo il cuore e anche la vita sarà pura e bella.

Franca e Vincenzo oblati camaldolesi ❤️

Scaccia i demoni con il dito di Dio

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 11,14-23

In quel tempo, Gesù stava scacciando un demonio che era muto. Uscito il demonio, il muto cominciò a parlare e le folle furono prese da stupore. Ma alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo.
Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio.
Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino.
Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde».

Parola del Signore.

È difficile che l’uomo pieno di sé faccia spazio a Dio. L’egoista, il superbo o il vanitoso avrà mille motivazioni per non riconoscere la potenza di Dio. Questa persona sarà sempre pronto a mettere se stesso al centro della vita. Egli si sostituisce finanche a Dio. Dio stesso non potrà agire se non coinvolto, se non interpellato, se, insomma, non si è umili. L’uomo saggio, invece, decide di chiedere l’intervento di Dio nella propria vita, si riconosce piccolo, semplice e vive questa realtà puntando alle cose essenziali rigettando il superfluo. È questa la via della felicità che si avrà riconoscendo a Dio il suo ruolo immediatamente superiore ad ogni nostro dono che, diciamolo, viene da Lui per costruire il bene e vincere il male, ogni male.

Franca e Vincenzo oblati camaldolesi ❤️

Dare pieno compimento

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,17-19

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Parola del Signore.

Gesù ha appena terminato il Discorso della montagna e ora aggiunge di non essere venuto ad abolire la Legge o i Profeti, “non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento”. Ecco, ma cosa ci sta dicendo Gesù? Egli dice che è venuto a “dare pieno compimento” e come lo vuole fare? Gesù introduce il “comandamento” dell'”Amore“. L'”Amore” diventa così il criterio principe per leggere l’intera Legge dell’antico testamento. Amare è l’unica strada indicata da Gesù per vivere da Cristiano. Non ci sono prescrizioni, adempimenti legali, obblighi formali, … Amare cari amici … inutile perdere tempo con giustificazioni spesso puerili e, peggio, ipocrite. Amare!

L’ Amore non ammette interpretazioni e non accetta finzioni. Amare e basta. Se vogliamo un esempio c’è la vita di Gesù che ha sopportato ogni sopruso e ogni malvagità. Non ha reagito al male con altro male ma ha sofferto con dignità subendo anche i tradimenti degli amici che lo hanno abbandonato. Si, perché di fronte al prepotente che agisce per colpire, il codardo scappa, fa finta di non vedere, di non sapere e si allontana o peggio ancora collabora addirittura a compiere il male come ha fatto Giuda.

Gesù chiede di Amare e, per Amare, Egli accetta anche di morire servendo la Verità e lo fa per darci un esempio e salvarci. Ora la scelta spetta a noi. Siamo noi che siamo chiamati a “dare compimento” alla Legge. C’è una sola via: Amare senza se e senza ma. Il resto sono solo chiacchiere e distintivo, sono solo vuote giustificazioni.

Franca e Vincenzo oblati camaldolesi ❤️

Perdonate di cuore ❤️

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 18,21-35
 
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”.  Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

Parola del Signore.

Spesso l’uomo produce ferite all’altro uomo oppure egli stesso è ferito da azioni o da indifferenze che bruciano e lasciano ferite profonde. Per guarire l’unica vera medicina è quella di sprofondare nell’amore. L’unica medicina che guarisce è, infatti, l’amore. Dio stesso e lo vediamo in tanti episodi dell’antico testamento per vincere la sua “ira” ha fatto ricorso all’amore. Dio, infatti, placherà la sua ira amando il suo popolo e perdonando. È evidente che il perdono è una lotta. Questa lotta ci lacera e si sacrifica l’attesa della giustizia per compiere un passo verso chi ci ha ferito.

Tutti ricordiamo il “servo sofferente” di cui parla il profeta Isaia. Egli è l’uomo dei dolori; l’uomo disprezzato; l’uomo non stimato. Quest’uomo è caricato delle nostre sofferenze e proprio per le sue piaghe noi siamo guariti. In questo racconto è prefigurata l’esperienza di Gesù sulla Terra e possiamo leggervi la sua pazienza verso l’uomo. Gesù non sfugge alla sofferenza: l’accetta, l’accoglie e ne resta intrappolato. Non ha reagito al male subito e in croce dirà:«Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Luca 23,34). Gesù accetta di essere ferito dagli stessi che Egli ama. Anche i non credenti sono chiamati a soffrire a causa delle persone che amano. Si capisce, infatti, che un nemico ci faccia del male ma subire il male da un amico questo è davvero troppo. Insomma per amare davvero occorre non scappare nemmeno di fronte al male di una persona che si considera amica. Così ha fatto Gesù… e noi dobbiamo imitarlo! Non dimentichiamo, però, che il perdono non esclude mai la pena per il peccatore chiamato a riparare il male fatto.

Franca e Vincenzo oblati camaldolesi ❤️

Si mise in cammino

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4,24-30

In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret:] «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Parola del Signore.

Leggendo questo passo del vangelo spesso si sottolinea che “nessun profeta è bene accetto nella sua patria”. Questo è un detto molto conosciuto e diffuso ma noi vorremmo sottolineare, invece, il tratto finale dell’ultimo versetto: “si mise in cammino “. Abbiamo scelto di condividere queste parole che indicano anche un movimento. Gesù dopo aver visto come era stato trattato dai suoi compaesani per prima cosa non reagisce e poi sceglie di lasciar andare via, sceglie di mettersi in cammino per andare oltre e vivere la sua missione in altri luoghi. Forse anche noi dovremmo fare altrettanto. Se ci capita di essere rifiutati la migliore risposta è quella di lasciar andare; di non replicare a chi ci denigra e/o offende; di ignorare coloro i quali ci hanno fatto del male e andare altrove. Allo stesso modo se qualcuno di noi dovesse aver agito tentando di fare il male o peggio averlo fatto o allo stesso modo essere rimasto indifferente di fronte al male che è stato procurato ad altri la prima cosa sarebbe quella di chiedere perdono e riparare il danno fatto. In ogni caso chi ha subito il male è chiamato a non rispondere al male con altro male. Occorre spezzare la catena del male. Solo così il bene vincerà e chi ha tentato di fare il male o lo ha procurato subirà le conseguenze del suo agire malevolo. Il male non avrà mai l’ultima parola. Mai!

Franca e Vincenzo oblati camaldolesi ❤️

Conosceva quello che c’è nell’uomo

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 2,13-25

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

Parola del Signore.

Questa domenica commentiamo il vangelo con una frase di don Oreste Benzi che abbiamo appena visto scritta su un muro sul lungomare di Locri.
“Da quando l’uomo esiste la terra non ha mai cessato di bere il sangue umano. Gli uomini hanno sempre organizzato la guerra. È arrivata l’ora di organizzare la Pace”. don Oreste Benzi

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Padre ho peccato

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 15,1-3.11-32
 
In quel tempo, si avvicinavano Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 
Ed egli disse loro questa parabola: 
«Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla.  Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.Il figlio maggiore si trovava nei campi. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Parola del Signore.

La Misericordia del Padre è la chiave di lettura di questo lungo passo del Vangelo nel quale la festa per il figlio ritrovato fa esplodere una miscela di emozioni tra loro contrastanti. Gelosie ed egoismo del figlio maggiore da un lato ma anche felicità e gioia per una relazione che riannoda i fili del dialogo; bisogno di perdono e accoglienza cercata e ritrovata.

Questa mattina, però, noi vorremmo fermare l’attenzione sul senso della Misericordia che è la scelta di trattare una persona con maggiore compassione di quella che merita. Il Padre che ci conosce più di noi stessi è sempre disponibile ad accoglierci e a perdonare i nostri peccati donandoci il suo Amore.

Franca e Vincenzo oblati camaldolesi ❤️

La pietra d’angolo

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 21, 33-43.45-46

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo:
«Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo.
Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero.
Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
“La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi”?
Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
 
Parola del Signore.

Nella parabola della vigna troviamo le fatiche dell’uomo e anche le sue gioie nel raccolto. Nel racconto di Gesù troviamo anche le emozioni e i desideri di possesso, gli egoismi e le pulsioni negative che provocano dolore e morte. Ritroviamo le radici del male che spinge l’uomo alla guerra e, quindi, delle tante guerre che, purtroppo, ancora oggi sono combattute in tante parti del mondo. Troviamo le radici delle emigrazioni dei popoli scacciati dalle terre che occupavano da secoli e troviamo le difficoltà della convivenza insieme agli orrori degli omicidi. Eppure proprio nello scartato Gesù individua la “pietra d’angolo” quella che permetterà la costruzione di qualcosa di forte, solido e duraturo. La parabola di oggi ci invita a riflettere sulla difficile situazione del nostro mondo attraversato da odi e violenze, da soprusi e angherie di ogni genere sia nella nostra piccola realtà che in quella più ampia e complessa del pianeta terra. Riflettendo possiamo anche tentare di guardare a cosa noi possiamo fare nel nostro quotidiano per evitare i conflitti e portare la Pace il cui fondamento però sta sempre nella GIUSTIZIA. Possiamo ben dire che decisioni GIUSTE sono sempre necessarie per evitare ogni violenza da parte di prepotenti destinati (loro) al fallimento!

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L’uomo ricco e Lazzaro

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 16,19-31

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Parola del Signore.

Il ricco come al solito indifferente e gonfio di se stesso dopo la morte finisce agli inferi. Egli sulla terra non si cura dei poveri o, in generale, degli altri. Custodisce le sue ricchezze solo per sé. Del ricco non conosciamo più neanche il nome. Del povero, invece, si: è Lazzaro. Questo il dato di fatto. Ma c’è un annuncio che dovrebbe farci tremare tutti: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”. Si tratta, appunto, dell’indifferenza e della presunzione dei ricchi, dei potenti e delle persone di successo. Vivono per se stesse e si specchiano per contemplarsi invece di servire il prossimo. Gelosi di ciò che hanno non lo condividono con nessuno e rifiutano e respingono i poveri contribuendo, di fatto, alla loro emarginazione. Stiamo attenti a non essere come questo modello di persone. Cerchiamo, in umiltà, di farci servi e non padroni prepotenti e arroganti. È nostro dovere anche opporci a chi esercita il potere credendo di essere l’unico capace di farlo o, peggio, essere migliore. Anche gli ignavi e chi volta lo sguardo da un’altra parte sconterà i suoi colpevoli silenzi agli inferi tra i tormenti.

Franca e Vincenzo oblati camaldolesi ❤️