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Il crocifisso della Chiesetta nuova

Viaggiando nel buio di una notte senza luna ho incontrato un uomo che, ai più, appariva solo, stanco, sporco e smagrito. Tutti i passanti andavano di fretta e nessuno sembrava lo avesse notato seduto su un gradino di una delle strade principali della città. Erano lontani i tempi nei quali in molti si erano avvalsi di lui. Da poco quell’uomo aveva ricevuto notizia di essere stato sfrattato con tutta la sua famiglia. Non sapeva che fare e dove andare e continuava a far finta di pensare. In realtà non riusciva a capire perché gli stava capitando tutto questo.
Passavano le ore e lui continuava a restare li dov’era mentre attorno a se tutto continuava a muoversi come prima e sempre piu veloce. Lui con gli occhi persi nel vuoto pensava a cosa avrebbe potuto fare ma il cervello era come se fosse bloccato. Aveva tentato di chiamare qualche amico ma aveva capito che non era aria. Aveva ricevuto risposte molto vaghe e in qualche caso anche meravigliate. Tra l’altro non riusciva a comprendere neanche la ragione vera che aveva indotto il padrone della casa ad intimargli di lasciare libero l’appartamento.
Intanto passavano le ore e la notte era già alta. Il buio avvolgeva l’aria e lui non era riuscito a tornare a casa. … Ad un certo punto si accorse che era davvero tardi. Tentò di telefonare a casa ma o non riusciva a fare il numero oppure non c’era più campo.
Fu a quel punto che stanco, sfiduciato, avvilito si sedette su una vecchia panchina del metrò e Morfeo si impadroni di lui. La dov’era rischiava grosso. Si sa che la notte è il regno dei ladri e della gente di malaffare e lui rischiava grosso. Fu allora che decise di trovare un riparo. Non trovò nulla di meglio che il porticato di una Chiesa diroccata. Decise di restare li fino a quando non sarebbe passata la notte. Intanto pregava non tanto con le parole quanto contemplando un vecchio crocifisso che sembrava l’unica cosa rimasta in piedi di quella Chiesa distrutta dall’incuria. Eppure proprio fissando lo sguardo su quel vecchio crocifisso egli sembrava rianimarsi. Sotto il crocifisso c’era una scritta: “Crocifisso donato da Papà Giovanni XXIII alla Chiesetta nuova del Gesù misericordioso”. Fu in quel momento che un lampo di luce gli fece intravedere qualche brandello di verità sulla sua condizione ma era troppo tardi per tornare indietro. Tutto il passato era irrimediabilmente compromesso occorreva ripartire dall’inizio ma era un compito impari e lui non poteva far nulla. Rassegnato cercò di prendere sonno sperando che al risveglio i suoi occhi potessero vedere l’alba nuova.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

Spalle al muro, dicono che sei vecchio

C’è un testo di Renato Zero che parla dei vecchi ed è un testo davvero ben fatto. Vorremmo meditarlo con voi ed invitarvi a  fare un semplice giochetto. Si tratta di associare persone che conosciamo, situazioni e fatti concreti che in qualche modo ci appartengono alle parole di Renato. Forse potranno aiutarci a vivere meglio il nostro presente.

Buon viaggio con Renato Zero.

Franca e Vincenzo osb-can

Spalle al muro,
Quando gli anni, son fucili contro,
Qualche piega, sulla pelle tua,
I pensieri tolgono, il posto alle parole,
Sguardi bassi alla paura, di ritrovarsi soli.
E la curva dei tuoi giorni, non è più in salita,
Scendi piano, dai ricordi in giù,
Lasceranno che i tuoi passi, sembrino più lenti,
Disperatamente al margine, di tutte le correnti.
Vecchio,
Diranno che sei vecchio,
Con tutta quella forza che c’è in te,
Vecchio
Quando non è finita, hai ancora tanta vita,
E l’anima la grida e tu lo sai che c’è.
Ma se Vecchio,
Ti chiameranno vecchio,
E tutta la tua rabbia viene su,
Vecchio, si,
Con quello che hai da dire,
Ma vali quattro lire, dovresti già morire,
Tempo non c’è ne più,
Non te ne danno più!
E ogni male fa più male,
Tu risparmia il fiato,
Prendi presto, tutto quel che vuoi,
E faranno in modo, che il tuo viso, sembri stanco,
Inesorabilmente più appannato, per ogni pelo bianco.
Vecchio.
Vecchio.
Vecchio!!!
Mentre ti scoppia il cuore, non devi far rumore,
Anche se hai tanto amore, da dare a chi vuoi tu!
Ma sei vecchio.
Insulteranno Vecchio
Con tutto quella smania che sai tu,
Vecchio, si
E sei tagliato fuori,
Quelle tue convinzioni, le nuove sono migliori,
Le tue non vanno più,
Ragione non hai più.
Vecchio si
Con tanto che faresti,
Adesso che potresti non cedi perché esisti,
Perché respiri tu

 

Dotti, medici e sapienti contro Francesco

Dotti medici e sapienti
studiano,
si consultano,
parlottano tra loro,
condannano in nome della legge e
scrivono sentenze.

Agiscono con l’odio nel cuore,
hanno paura di perdere il potere e
cercano di fermare la valanga.

Qualcosa lascia credere
che potrebbero anche vincere e
screditano il Papa.

Scrivono lettere subdole,
mascherano l’odio con parole accattivanti,
si ergono a difensori delle legge ed
in realtà difendono solo il loro potere.

Li riconosci dai gesti duri,
dai sorrisi quasi sempre beffardi,
dall’aria di sufficienza,
di chi crede di saperne più di tutti.

Questi “ominielli”
isolano, escludono e
si pensano i depositari della verità.

Ogni cristiano cattolico,
ogni uomo libero,
ogni uomo che ama l’altro
si stringa attorno a Francesco,
chi può e vuole preghi,
gli altri lo difendano da ogni male
e da ogni tentativo di delegittimazione
dai finti cattolici che in nome di una
tradizione fatta Legge
tradiscono la misericordia di Dio e
giungono finanche
a lanciare pietre contro il Papa.

Chi parla male del Papa
non è cattolico e oggi
vuole solo difendere la sua
nicchia di potere.

Franca e Vincenzo osb-cam

Sempre oltre, fin dove osano le aquile

Bag, abbiamo letto che ti chiamano Bag. Un modo carino, affettuoso e simpatico per dimostrare vicinanza. Bello. Ma chi può azzardare di chiamarti con questa breve sigla? Solo chi sente di esserti amico può permettersi di farlo.
Gli amici, infatti, quando lo sono davvero, ovunque vivono, lo sono per sempre e nulla e nessuno potrà mai cancellare sentimenti che vivono dentro di noi. Così speriamo e crediamo che, in qualche modo, sarà anche per voi che dopo anni ed anni ( quasi tutti vicini ai 30 anni o appena più in là) continuate a conservare più di un filo di unità nonostante alcuni già vivono in città e addirittura nazioni diverse. Anche tu Bag, tra qualche giorno parti. Hai scelto di andare in Canada. È davvero un gran bel posto. Sei un infermiere, hai una professione e avevi anche un lavoro che hai lasciato ma, a volte, questo non basta e non è tutto. Vivi, vivi i tuoi sogni. Inseguili e fanne un capolavoro. Tu solo puoi farlo. Noi saremo tutti a fare il tifo per te e ogni componente di questo gruppo farà altrettanto e ognuno di voi lo farà per l’altro.
Noi due siamo “adulti” … (ma che significa poi?), però sentiamo di essere compagni di viaggio dei tuoi e dei vostri sogni. Non abbiamo la tua, la vostra età, e anche queste poche righe corrono il rischio di non essere proprio calzanti ma, stanne certo o statene certi, sono il segno di un sentire che vuole partecipare senza invadere. Dire solo un semplice “ci siamo”.
Bag ti conosciamo da sempre ed è bellissimo che tu hai scelto questo semplice “gruppo giovani” per fare un saluto con il cuore a tutti e anche a noi. Questo è solo un arrivederci ma qualunque cosa ti ha spinto a lasciare questa terra, qualsiasi sia il tuo sogno, il nostro augurio è che tu riesca a spingere i tuoi passi sempre oltre, … sempre oltre fino a dove osano le aquile.
Non fermarti mai Bag noi saremo sempre dietro di te a soffiare perché il vento ti sostenga e tu possa raggiungere ogni tuo sogno e ogni tuo desiderio.
Vai Bag … sempre oltre fin dove osano le aquile.
A presto Bag

Franca e Vincenzo osb-cam

Marta, Matteo e la speranza

Feeling, questione di feeling. Si solo questione di feeling … Anche ieri sera all’eremo si è ripetuta la “magia’ dell’incontro tra cuori che si impegnano per vedere e costruire insieme qualcosa di bello dando senso alla vita. Una coppia di sposi Marta e Matteo (nomi di fantasia) provati dalla sofferenza ma con una grande voglia di vivere sono venuti per trascorrere una serata con noi. Con Marta e Matteo abbiamo pregato i vespri della festa di San Matteo e subito ci siamo accorti del feeling che si era creato. Gli sguardi e le parole hanno avvolto i pensieri e a più riprese le emozioni hanno attraversato i nostri cuori. Certi racconti, è inutile negarlo, scaldano il cuore e offrono opportunità a chi sa accogliere i disegni del Padre.

Ascoltare certe storie di dolore, malattia e sofferenza fa venire i brividi ma dona anche coraggio, forza e speranza. Si, speranza, tanta speranza. E Dio solo sa di quanta speranza le donna e gli uomini di questo tempo hanno bisogno.

A volte, infatti, la malattia è crudele. Ti avvolge nel suo vortice e ti trascina negli abbissi più profondi fino a quando non sei stremato nel corpo e nell’animo. È questa la terribile esperienza del tempo che viviamo e che i nostri amici stanno provando sulla loro pelle da quattro anni. Raccontano tutto con il sorriso sulle labbra e cercano di godere della vita. Ripetono a più riprese che a guidare ogni loro passo c’è una presenza buona, che indica la via e suggerisce le scelte quotidiane. Parlano di visioni notturne e diurne di una suora anziana che appare nelle notti più buie e tempestose mentre le medicine scuotono il corpo di Marta e le offrono consolazione e sopratutto speranza, tanta speranza.

Ad ascoltare il racconto, a volte durissimo, della loro vita, insieme a noi,  ci sono anche due giovani coppie di fidanzati che si affacciano sulla ribalta della vita e che non perdono nemmeno una parola della storia che evoca la morte, evento che a Marta e Matteo non fa più paura. Nelle parole di Marta e Matteo c’è davvero la vita, la gioia e ogni recrudescenza della malattia di Marta è solo una parentesi da superare. La speranza, insomma, è legge. Legge per una vita senza se e senza ma.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

Bruno e la trave di castagno donata

Da più di 15 anni quella trave attendeva un posto. Le “sorelle” erano servite per la costruzione di mobili, di porte e di finestre. Lei, invece, era rimasta sola quasi dimenticata in un deposito.  Aspettava sempre che qualcuno la portasse via. Aveva sentito dire che le culle in legno di castagno fanno crescere i bambini forti e sani e che se il letto sul quale si dorme è di castagno si avranno sonni tranquilli, senza la paura di morire durante il sonno e anche che una trave di legno di castagno incastonata nel rivestimento di un camino era simbolo dell’amicizia e della buona accoglienza. Il castagno, si diceva, protegge i viaggiatori. Molte volte è usato per decorare altari o dare un tocco originale all’arredo.
Ebbene un giorno si diffuse la voce che una sposa e il suo ragazzo stavano cercando proprio una bella trave di legno di castagno per metterla nel rivestimento di un camino. Lei si tirò su e quando qualcuno entrava nel deposito cercava di farsi notare. Anche a Bruno giunse questa notizia e, con grande generosità, lui e la sua  sposa, vollero donarla  proprio a questi sposi che la gradirono moltissimo.

Ora la vecchia trave di legno di castagno è pronta per ornare il grande camino posto al centro della casa. Sarà uno dei simboli più significati della casa. Sarà lei, infatti, ad attirare gli sguardi ammirati degli amici che, tra una chiacchiera e l’altra, qualche castagna e un bicchiere di vino, insieme ad un po’ di  buona musica accompagnerà  le serate d’inverno mentre la fiamma viva del camino offrirà il suo tepore.

Questo racconto che detto così sembra quasi una leggenda nasconde, invece, tanta verità e chi l’ha vissuta la conserva nella memoria come un segno di grande affetto e amicizia.  Un Grazie semplice e speciale a Bruno e alla sua sposa..

P.S. In questi piccoli gesti si nasconde il segreto della vita semplice che contribuiscono a renderla bella.

Franca e Vincenzo osb-cam

Alberto, controvento !!!

Tra monti e valli, città e piccoli paesi, sotto la pioggia o con il sole forte che picchia senza pietà i passi si spingono l’uno dopo l’altro disegnando percorsi. A volte con il vento contro, altre con un leggero soffio dietro le spalle. Mai soli, anche se, spesso, non ci si fa caso. Distratti dal mondo, attratti da piaceri futili e passeggeri si attraversa il tempo.

Ogni storia, come quella di Alberto, è piena di ricordi. Tratti di memoria occupano i pensieri che il viaggiatore vorrebbe a volte cancellare e altre volte rivivere ma, inesorabilmente, il tempo lo porta oltre. Oltre il presente che è già un imprevedibile futuro.

Parole, pensieri, gesti, impressioni, emozioni che si rincorrono disegnando versi mai uditi e scrivendo pagine mai lette davvero fino in fondo. La vita va. Tutto passa e tutto, allo stesso tempo resta come impronta nella memoria.

Alberto è il nostro eroe. Non si è mai arreso anche quando sembrava sconfitto. Ha sempre raccolto i cocci, li ha ricomposti alla meglio ed è ripartito. Ripartito sempre pieno di speranza verso altre mete. Spesso ha incontrato maschere, illusioni ma spesso ha anche toccato il cielo con un dito. Alberto, il nostro eroe, continua a camminare. Non si ferma, non può farlo, sente di dover andare avanti e lo farà.

Sempre oltre, controvento.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

 

Il sognatore e il cervo bianco

È notte. Il buio sovrasta la luce e i sogni prendono il sopravvento. Ebbene, un uomo da un po’ fatto oggetto di pesanti attenzioni, qualche notte fa, mentre il sonno lo accarezzava vide apparire davanti a se un cervo bianco. Aveva il pelo vellutato, il musetto bagnato, gli occhi lucenti, le zampe eleganti ed appariva davvero molto agile.

Una bella leggenda racconta che il Creatore aveva eletto proprio il cervo segno e simbolo della tenerezza e della purezza e suo buon messaggero.. Ogni sua apparizione, infatti, era considerata segno di predilezione e anche portatrice, appunto, di un messaggio divino che univa il cielo e la terra.
Quella notte ad apparire fu proprio un cervo ed in particolare un cervo bianco. Al sognatore parve anche di aver ascoltato un messaggio, poche parole che lasciavano trasparire la vicinanza del Dio misterioso. Un Dio che proprio quella notte buia e senza luce aveva inviato un suo messaggero per consolare e offrire protezione.

Al risveglio il cielo era terso e il sole accarezzava la pelle offrendo un dolce tepore.

Franca e Vincenzo osb-cam

Il cappero dell’eremo

Un’antica leggenda racconta di un cappero nato su uno strapiombo sul mare. Di lui si innamorò un delfino che cercava di raggiungerlo. Il cappero notò tutto questo e  ne fu molto felice.  Ebbene dopo molti tentativi il delfino stava quasi per desistere. È a questo punto che illuminato da un lampo di luce decise di attendere l’alta marea e la tempesta. Queste circostanze non tardarono a verificarsi.  Fu proprio in questa occasione che il delfino, aspirando tutta l’aria che poteva, attesa la grande onda saltò in alto più che poteva. Fu cosi che raggiunse il cappero nato sul dirupo  e riuscì a sfiorarlo. Lo toccò quanto basta per suscitare in entrambi un’emozione unica, irripetibile. Il delfino lanciò un urlo di gioia che scosse il mare e la terra. Dopo pochissimo tempo  tra le foglie del cappero spunto un fiore bellissimo. Un fiore come non si era mai visto  prima. Aveva un colore tra il bianco e il rosa il cui frutto era destinato a profumare ogni ambiente e anche le tavole delle coppie innamorate. Da quel giorno i capperi si diffusero in tutto il mondo e sono simbolo di amori forti capaci di superare ogni ostacolo e  ogni avversità fino alla morte e anche oltre.

Cari amici dell’eremo anche voi qualche tempo fa ci avete donato un piccolo cappero. Noi lo abbiamo messo a dimora in un muro di quelli che circonda il nostro eremo. Ora quel cappero è cresciuto e oggi, idealmente, lo condividiamo con voi custodendolo come simbolo di una relazione d’amore che portiamo nel cuore e che ci unisce al di là di ogni ostacolo e di ogni barriera umana.

Un abbraccio di cuore

Franca e Vincenzo osb-cam

In viaggio da naviganti e sognatori

Abbiamo attraversato il “nostro” oceano e continuiamo a farlo solcando altri mari dai nomi sconosciuti. Spesso incontriamo isole dove approdiamo per esplorare e incontrare volti e ascoltare voci.
Oggi ci troviamo in questa “nuova” terra in compagnia di spicchi di memoria e di volti certe volte sbiaditi. Qua e la vediamo mostri in gabbia e ci allontaniamo; vediamo uomini sconosciuti che si affannano a costruire case di cartapesta; donne spesso prive di grazia e di gentilezza; bambini curvi senza sogni e fantasia; anziani privi di forza soli e seduti su panchine rivolte verso il mare con gli sguardi perduti tra i flutti che si spengono su spiagge deserte.
Ci fermiamo, riflettiamo, riguardiamo il paesaggio spento e diciamo in coro: “No. Questo non è il nostro mondo”.
Abbiamo deciso di andare avanti, proseguiamo il viaggio. Non possiamo fermare il nostro pellegrinaggio qui. Non è questa la nostra  “Terra”. Mentre ci giriamo e rigiriamo intorno e continuiamo ad osservare vediamo anche una vecchia casa tra le altre. È mezza diroccata. Il tetto non è ancora crollato ma si vede che nessuno la cura come un tempo. Davanti al portone eroso dall’incuria e dell’umidità un uomo vestito di nero tenta di attrarre i pochi passanti ma senza risultati. Solo tre vecchiette, una delle quali mai stata mamma, gli sono accanto. I quattro celebrano i fasti di un potere perduto a causa proprio della miope gestione precedente quando  l’uomo, il capo, avrebbe potuto (e non ha voluto) cambiare. Non ha voluto  condividere con gli altri idee e progetti fidandosi solo di se stesso. Infatti ha continuato a vivere pensando che avrebbe potuto fare tutto da solo come un tempo non riuscendo a vedere e a comprendere che attorno tutto stava cambiando e che quello era il tempo di mettersi a servizio davvero condividendo strade e pensieri. Il mondo stava vivendo un epoca di cambiamento e lui ha proseguito sulla vecchia strada come se nulla di nuovo stesse accadendo. In qualche occasione sembrava pure che le cose stessero andando bene ma era pura illusione, dentro c’era il vuoto. Lui un po’ se n’era anche accorto ma ha continuato a confidare nel “potere della suggestione”. La sua, purtroppo, è stata solo una vuota illusione non più compresa dagli abitanti del mondo attratti, ormai, dalla “magia” della scienza e dal delirio dell’onnipotenza del far da se. Questa terra, abbiamo detto, non è la nostra Terra.
La decisione è presa. Restiamo solo qualche attimo ancora e poi andiamo, ripartiamo con la nostra barca sempre in ricerca. Non vale la pena rattristarci. Troppe volte ci siamo attardati a perdere tempo in tentativi poi rilevatisi inutili. Ora è davvero tempo di riprendere il viaggio. Lasciamo dietro di noi macerie senz’anima, esseri viventi privi di fantasia, capitani senza coraggio e a volta impauriti al punto di doversi  nascondere dietro l’Autoritarismo. Noi abbiamo ancora tanta voglia di viaggiare e cercare la nostra “perla preziosa”. Sappiamo che esiste. Spesso l’abbiamo intravista e qualche volta toccata. Spesso abbiamo trovato traccia della sua presenza in donne e uomini che ne conservano, senza alcuna gelosia, pezzetti e che sanno anche donarli e condividere. Questi sono segni di futuro. Non siamo soli in questo viaggio. Ci sono altri cercatori di futuro, pellegrini di speranza … Uomini e donne di frontiera che senza farsi notare hanno il coraggio di tentare, di tentare ancora un nuovo esaltante viaggio. A voi che restate diciamo “state bene” e se potete sognate un po’. Sognare fa bene. Lasciate orgoglio, vendetta, potere … La vita è piena di sogni e non può essere sprecata.

Racconteremo ancora di questo e di altro. Condivideremo qualche avventura e qualche incontro, ma adesso sentiamo una voce. Eccola è Lei, sempre Lei. La riconosciamo è la misteriosa Signora chiamata Speranza che non finisce mai di attrarre la nostra attenzione.
Buon viaggio ai naviganti e ai sognatori.

Franca e Vincenzo osb-cam