In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena. Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l’ora in cui non vi parlerò più in modo velato e apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre».
Parola del Signore
Gesù ci conferma l’Amore del Padre e ci assicura che tutto ciò che chiederemo nel suo nome ci verrà dato. Forse dobbiamo imparare a chiedere nel nome di Gesù e, probabilmente, non basterà farlo con le sole parole. Crediamo che sia necessario prima di tutto uniformare la nostra vita alla fedeltà verso Gesù, seguire il suo esempio e il resto, tutto il resto, sarà una logica conseguenza, un dono del Padre.
In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto. Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia». Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato». Cercarono allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.
Parola del Signore.
L’idea dei potenti è sempre quella di evitare ogni movimento che possa ostacolare o danneggiare la loro posizione di privilegiati. Gesù è uno che vuole cambiare la realtà per dare dignità, rispetto e gioia alle persone ed in particolare ai poveri, agli emarginati, agli ultimi e agli sfruttati. È evidente che questo non può piacere a chi esercita il potere. Sono loro, infatti, a cercare di catturare per poi ucciderlo. Il popolo intuisce la situazione e resta perplesso.
Ma non era ancora giunto il momento nel quale questo disegno di morte non poteva realizzarsi. Sappiamo bene, come poi, i sacerdoti del tempio, con astuzia e tante complicità e silenzio sono riusciti a compierlo. Gesù sarà catturato e nell’indifferenza torturato, processato e messo in croce. Ogni volta che ciascuno di noi di fronte alle ingiustizie resta muto, indifferente o fa finta di non sapere e non vedere contribuisce alla crocifissione di Cristo.
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.
Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».
Parola del Signore.
A pensarci le parole di Gesù dovrebbero farci tremare. “Dicono e non fanno” e aggiunge che addirittura “Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito“.
Apparire più che essere è uno dei nodi che siamo chiamati a sciogliere. Domandiamoci: “Ma noi come siamo? Parliamo del bene da fare, dell’amore da praticare ma poi? Lo facciamo? Viviamo concretamente l’Amore verso l’altro. Ripensando all’ultima settimana o all’ultimo mese come valuto il mio comportamento?
Cerchiamo la stima, desideriamo il consenso perché godiamo del plauso e dell’ammirazione? Ecco guardiamoci in profondità e facciamo un esame di coscienza e certamente troveremo molte cose da cambiare nella nostra vita.
Ci piacciono i primi posti e grazie a questo stile di vivere magari cerchiamo anche di dominare gli altri. Attenzione anche a chi sfruttando la sua condizione, il suo servizio cerca di dominare l’altro. A volte siamo falsi, bugiardi, ci lamentiamo di ogni cosa e non ci sta mai bene niente e quel ch’è peggio ci permettiamo anche di criticare gli altri.
Il Signore ci chiede umiltà, ci chiede sobrietà, ci chiede di fare rinunce vere, di metterci a servizio dell’altro … possiamo farlo!
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?».
Parola del Signore.
Rifletto su qualche punto di domanda. In quale occasione ho pensato di salvare la mia vita senza guardarmi intorno? Sarei disponibile a perdere qualcosa di “mio” rinunciando a possederlo per aiutare qualche altra persona? Quale è la cosa più importante per me?
In quel tempo, Gesù, chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». Quando entrò in una casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogavano sulla parabola. E disse loro: «Così neanche voi siete capaci di comprendere? Non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può renderlo impuro, perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va nella fogna?». Così rendeva puri tutti gli alimenti. E diceva: «Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».
Parola del Signore
È dal cuore che escono i mali. Gesù lo dice con chiarezza. Il bene, invece, viene dallo Spirito di Dio. Dal cuore dice Gesù escono: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Il cuore si riempie di malizia e fa confusione e magari ci inganna fino al punto di farci credere buoni? Quando, invece, noi ci doniamo all’altro, quando davvero ci mettiamo a disposizione dell’altro solo allora stiamo ascoltando lo Spirito di Dio. Dobbiamo essere consapevoli che il bene viene solo dall’ascolto dello Spirito di Dio che sceglie di agire attraverso di noi.
Il nostro cuore è facile preda del male. Spesso, infatti, il cuore non è umile e non ama, anzi è la sede del non amore. Dobbiamo fermarci ed essere attenti: cosa ci sta guidando nelle nostre scelte, cosa ci sta spingendo a certi modi di fare, cosa ci sta indicando di compiere certi comportamenti. Siamo preda del male che inganna il cuore e che ci fa credere di essere buoni. Cerchiamo di invocare lo Spirito di Dio che è l’unica possibilità che abbiamo di correggerci e salvare la nostra vita. Non viviamo da illusi del bene, solo lo Spirito di Dio può portarci al bene ed è Lui che dobbiamo invocare.
Quando ogni settimana eri con noi, questo era il tuo posto. Da oggi questa sedia resterà vuota ma Tusarai sempre con noi.
In occasione dei tuoi settant’anni mi hanno chiesto di scrivere qualcosa e poi lo hanno inserito, con quello di altri amici, in un libretto. Con lo stesso scritto ti saluto insieme a tutta la famiglia. Prega per tutti e anche per noi.
Grazie di esserci stato e continua a farlo.
“Non conformatevi a questo mondo, ma trasformatevi rinnovando il vostro modi di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm 12, 2).
Ho scelto questo versetto della Lettera ai Romani per raccontare qualcosa di don Simone Di Vito, un prete … di frontiera, un prete … sempre oltre, un prete … capace di sorprendere sempre, un prete … innovatore, un prete e basta!!!
Lo conosco fin da quando era parroco nel borgo di Ventosa, quattro case appoggiate sul crinale di una collinetta degli aurunci a pochi passi dal suo amatissimo paese natio Coreno Ausonio. Da questo borgo antico, fiero della sua storia e dei suoi valori, don Simone ha saputo gettare lo sguardo sempre oltre l’orizzonte, oltre il Golfo di Gaeta, oltre i confini e le barriere mentali che spesso rinchiudono in un recinto tante intelligenze oscurandone l’azione.
Ero ancora un ragazzotto di parrocchia, uno del gruppo che frequentava, come i miei coetanei, l’oratorio di una parrocchia vicina alla sua e il mio parroco don Silvio Aniello, che ho il piacere di ricordare qui, era molto amico di don Simone. Tra i due c’era un’intesa profonda, un feeling che si vedeva ad occhio nudo, una capacità di vivere la fraternità nei fatti e non solo nelle parole come spesso, purtroppo, accade in questi tempi così pieni di giochi di parole alle quali non corrispondono fatti. Altri tempi. Tempi nei quali l’umanità aveva una sua sostanza.
Don Simone negli anni di parroco a Ventosa si è davvero “impastato” nella cultura e nel vivere dei ventosari, ne ha “sposato” il cuore e lo ha fatto con l’ardore e il coraggio di chi ha deciso di essere prete, appunto. Un dono per gli altri. Altri che in questo caso avevano un nome, un volto, una storia, un bisogno.
Non vivevo a Ventosa, non lo frequentavo ma lo seguivo. Lo apprezzavo per il suo coraggio, per la passione, per l’amore che sapeva mostrare nel suo essere prete in una realtà di frontiera, in un contesto difficile, in anni complicati della storia locale sempre caratterizzata dal dominio dei potenti su chi potente non era. In questo contesto non era difficile sapere dove trovare don Simone. Lui era con gli ultimi, con gli eredi dei dominati da sempre, con i vinti, con le vittime di un potere che domina con l’arroganza delle eredità nobiliari o con la maschera dei finti buoni. Lo vedovo, lo seguivo, ne ammiravo i gesti e le iniziative. Non era un mito, no. Per me era un prete che come il mio parroco di allora sapeva stare dalla parte giusta, … gli ultimi.
Quel suo modo di fare, quel suo essere mi ha insegnato molto. Non ne abbiamo mai parlato. Non ne abbiamo mai parlato mai neanche dopo e io, salvo poche importanti occasioni, l’ho frequentato con misura, ma ne ho sempre seguito l’esempio. Lo ringrazio. Lo ringrazio per questo stile misurato fermo di essere prete; lo ringrazio perché la sua vita da prete riscatta mille e mille altre nelle quali e dalle quali emergono, purtroppo, solo belle parole. Lui no. Alle parole ha sempre fatto seguire i fatti. Lo ha fatto rischiando di persona. Lo ha fatto sempre gettando “il cuore oltre l’ostacolo”. Ha educato e formato con i gesti concreti. Un esempio da seguire non per imitare ma per essere. Sapere di essere e fare come è giusto che sia. Lottare con coraggio. Non rinunciare a se stessi per plageria o per accattivarsi il favore dei potenti. Essere se stessi, sempre, in ogni occasione. Essere, per non schiacciare la dignità di persona che il nostro creatore ci ha donato e per la quale è finito sulla croce. Questo è un prete.
Don Simone, come ognuno di noi, aveva ed ha il suo carattere. Non a tutti può piacere, non a tutti può essere gradito ricevere dei no. Anche lui ne ha detti e ne ha detti molti. C’è una differenza però. I suoi “no” e i suoi “si” hanno sempre avuto una motivazione. Non sono stati mai pronunciati senza un ragionamento che li accompagnava e questo ne fa un uomo e, quindi, un prete. Unisco uomo e prete, perché un prete è un uomo vero, e lui lo è. Grazie don Simone. Testimone spesso scomodo, prete non sempre gradito, non sempre amato ma vero, profondamente vero, autentico e appassionato amante del bene comune e della libertà.
Quando lo hanno trasferito a Scauri è andato accogliendo l’invito dell’Arcivescovo Mons. Vincenzo Maria Farano ma lasciando un pezzo di cuore a Ventosa. Anche a Scauri ha svolto il suo servizio da parroco con lo stesso spirito e con l’idea di offrire occasioni di formazione e promozione umana. Lo ha fatto con il piglio di chi sa donare occasioni di rinnovamento nella fedeltà al vangelo, di cambiamento e coinvolgimento dei laici, di saggia e graduale spinta alla comunità verso la corresponsabilità.
Negli anni nei quali don Simone arriva a Scauri muore anche don Silvio Aniello che avrebbe celebrato il mio matrimonio con Franca (la mia sposa). Abbiamo chiesto a lui di farlo e ricordo perfettamente come una delle letture era tratta, appunto, dalla seconda lettera ai Romano. Da quel giorno, il secondo versetto del capitolo dodici è diventato il motto del nostro essere famiglia e don Simone ne era, di fatto, l’esempio concreto. Ora anche nostra figlia che si sposa a maggio 2019 ha scelto lui per far celebrare il matrimonio. Lo ha fatto con nostra sorpresa. Non le avevamo mai detto nulla in proposito e sia lei che Giulio hanno scelto insieme. Bel segno. Forse anche la logica conseguenza di un legame vissuto nella semplicità e nella discrezione per lunghi anni nei quali don Simone ha frequentato la nostra casa costruendo una bella relazione con noi, con lei e con Domenico il nostro figlio primogenito.
Per tutti gli anni a seguire la mia relazione con lui, anzi la nostra relazione di famiglia con lui è rimasta bella, sempre reciprocamente fedele, libera e forte. Lo abbiamo sempre avuto con noi nei momenti belli e brutti, nei momenti tristi e nei giorni della gioia. Insomma uno “stare” reciproco sempre vero, profondo, autentico come si conviene a donne e uomini che con responsabilità e senso del dovere sanno vivere l’amicizia e la fedeltà al vangelo. Bello, davvero bello averlo conosciuto e continuare, oggi, come ieri, a viverlo nella libertà e nella verità.
Non sempre le nostre vedute sono state identiche ma questo non ci ha impedito di essere anche “amici”, di accettare l’idea dell’altro, di riflettere insieme e confrontarci. Don Simone ci ha insegnato molto e continua ancora a farlo come testimone credibile. Grazie di esserci.
Appassionato anche il suo amore per il diaconato, il ministero che Mons. Pierluigi Mazzoni mi ha conferito con altri sette confratelli dopo sette anni di formazione. Io credo che questa sua predilezione per il ministero diaconale derivi anche dalla sua fedeltà al Concilio Vaticano II e ad una Chiesa chiamata, sempre più, a leggere i segni dei tempi, interpretando il presente con la necessità di procedere ad un rinnovamento profondo che sia un ritorno alle origini e ad una fedeltà vera alla buona notizia della quale ogni battezzato deve essere fedele interprete.
Don Simone è un prete capace di grandi slanci ma un prete saggio al quale chiedere consiglio, un prete che con verità ti sa dire cose che altre persone, magari, evitano di fare. E’ il suo modo di amare, uno stile impregnato di schiettezza, poco avvezzo ai fronzoli, cose che a volte, alcuni non gradiscono ma, e ne sono convinto, con il tempo apprezzano.
Questo è don Simone per me. Spero di poterlo sempre avere tra i miei amici più cari. Un prete per amico. Grazie di esservi
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese. C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare. I loro mandriani allora fuggirono, portarono la notizia nella città e nelle campagne e la gente venne a vedere che cosa fosse accaduto. Giunsero da Gesù, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. Quelli che avevano visto, spiegarono loro che cosa era accaduto all’indemoniato e il fatto dei porci. Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.
Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo supplicava di poter restare con lui. Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te». Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti erano meravigliati.
Parola del Signore.
Che ci piaccia o no, il male esiste e, il male, rende la nostra esistenza un inferno. Chi cede al male vaga tra i sepolcri ed è prigioniero degli spiriti negativi. Questi provocano rabbia, inganni, invidie, malignità e ogni sorta di male che dà origine o favorisce il propagarsi di azioni o comportamenti che creano disordine e situazioni di conflitto.
Ogni conflitto, infatti, trova le sue origini nelle provocazioni del male che divide e separa, crea ostacoli alla pace e suscita continue situazioni di difficoltà.
Il male, insomma, cerca di impadronirsi del cuore dell’uomo che, spesso, senza esserne consapevole, inizia a compiere azioni malevoli contro tutti ed anche verso chiunque cerca di suggerire azioni di bene. Ma il male non vincerà. La forza del male sarà annientata e gli spiriti impuri dovranno lasciare il corpo dell’uomo davanti all’azione forte e potente del Signore.
È uno dei doni dello Spirito Santo e parlando di lei papa Francesco ha detto: “La vecchiaia è – mi piace dirlo così – la sede della sapienza della vita. I vecchi hanno la sapienza di avere camminato nella vita, come il vecchio Simeone, la vecchia Anna al Tempio. E proprio quella sapienza ha fatto loro riconoscere Gesù “.
Il battesimo, come sappiamo, è un simbolo di morte. Si muore al peccato e si nasce alla vita nuova. Gesù che si fa battezzare però non ha alcun peccato. Perché lo fa? Semplicemente per testimoniare al mondo il sentiero che ciascuno di noi è invitato a percorrere e per aiutarci nel cammino contro il “male” che tenta continuamente di avvolgerci nelle sue maglie di infelicità, dolore e sofferenza. Oggi dobbiamo fare un bel viaggio ritornando al giorno del nostro battesimo e ricominciare da lì, dobbiamo rinascere a vita nuova recuperando in un attimo tutto il tempo che abbiamo perso.
Il cielo sopra di noi si squarcia, si lacera e si frantuma per sempre e lo Spirito di Dio annuncia che anche noi, siamo figli, Si, siamo figli di Dio e fratelli di Gesù Cristo. Questa è la nostra fede, in questo crediamo e per questo possiamo sconfiggere il male dentro di noi. Abbandonare ogni falsità, ogni inganno, ogni furbizia, ogni desiderio di potere, di successo e ogni vizio che rende la nostra vita un inferno.
Oggi, proprio oggi, anche noi possiamo uscire dalle acque della morte e accogliere lo Spirito di Dio che scende nel nostro cuore per abitare la nostra vita e rendere i nostri giorni felici come non sono mai stati prima. Siamo disposti ad abbandonare il male e i vizi accogliendo Gesù nel cuore? Se lo siamo davvero la nostra vita è già cambiata … Fidarsi e affidarsi al Signore e la gioia di averlo per sempre con noi ci donerà una vita nuova! Quella che davvero desideriamo. Dipende tutto, ma proprio tutto, da noi!
Franca e Vincenzo oblati camaldolesi ❤️
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 3,13-17
In quel tempo, Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».
Ecco, il suo nome è Giovanni! Il nome ha origine ebraica e significa “dono del Signore”. Ma era proprio necessario questo dono da parte di Dio? Si, era necessario perché il popolo era diviso, l’invidia, la gelosia, il desiderio di ricchezza, di potere, la lussuria ed ogni altra possibile negatività aveva preso il sopravvento. Questo, perciò, era il tempo giusto nel quale Dio decise di mandare il figlio e di far precedere il suo arrivo da un precursore, uno che avrebbe avuto il compito di aprire la strada al Signore. Ecco allora Giovanni, dono di Dio.
Anche oggi c’è bisogno di un Giovanni che gridi in questo deserto il bisogno di tornare alla Fede, alla vera Fede. Il Signore ci chiama ad accogliere il suo progetto per noi. Si tratta di accogliere il desiderio di Dio e di affidarsi a Lui. Nella vita ci capitano tante situazioni anche negative (malattie, problemi di vario genere, assenza di lavoro, incidenti di percorso, progetti che falliscono) e purtroppo è proprio in questo scorrere degli eventi, anche imprevedibili, che siamo chiamati ad accogliere il progetto di Dio. Dio ci parla attraverso i fatti che ci accadono, ci parla attraverso le persone che sono accanto a noi, ci indica strade (anche difficili) ma sono proprio quelle che dobbiamo percorrere. Il Signore ci invita a vivere il nostro presente con pazienza, con disponibiltà e coraggio nella certezza che tutto è nelle sue mani. È Lui che guida la storia. Stiamo attenti ai segni della nostra storia e restiamo umili servi di Dio disponibili a fare la sua volontà e non i nostri desideri che possono essere anche conseguenza di quel male che continuamente cerca di distruggere la felicità per la quale siamo stati creati e siamo Amati e sempre perdonati.
Franca e Vincenzo oblati camaldolesi ❤️
Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,57-66
In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.