Il nostro eremo e il carisma camaldolese

Dal nostro piccolo eremo di famiglia cerchiamo, da oblati camaldolesi del Monastero di Sant’Antonio Abate in Roma, di far conoscere e diffondere il carisma camaldolese. Di che si tratta? Abbiamo scelto, sulla scia di San Romualdo (fondatore del Monastero di Camaldoli) di mettere al centro della nostra vita la Parola di Dio, il silenzio all’eremo, l’accoglienza e il camminare con quanti lo desiderano nella piena comunione con la Chiesa. Abbiamo anche scoperto, grazie al dialogo con dom Innocenzo Gargano, allievo di Benedetto Calati e Madre Michela Porcellato (Badessa del monastero di Sant’Antonio Abate in Roma),  come la bella intuizione del Conclio Vaticano II, di contemplare la Parola, quale fondamento del dialogo con Dio, sia la dimensione di vita più vicina alla nostra sensibilità. Con il desiderio di fuggire ogni trionfalismo desideriamo vivere questo carisma accogliendo e accompagnando, nel silenzio e nella discrezione della nostra casa-eremo, chi lo desidera e chi ci sta. Tutti sono i benvenuti. Che Dio vi benedica.

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Dom Innocenzo Gargano parla di Padre Benedetto Calati e del carisma camaldolese.

 

Beato l’uomo che non segue i consigli degli empi

La Parola guida, indica la via,
rafforza e protegge

La Parola incoraggia
sostiene e illumina il cuore.

L’ascolto della Parola fa l’uomo beato.

Franca e Vincenzo obl. osb-cam

Salmo 1

1 Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori
e non siede in compagnia degli stolti;
2 ma si compiace della legge del Signore,
la sua legge medita giorno e notte.
3 Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo
e le sue foglie non cadranno mai;
riusciranno tutte le sue opere.
4 Non così, non così gli empi:
ma come pula che il vento disperde;
5 perciò non reggeranno gli empi nel giudizio,
né i peccatori nell’assemblea dei giusti.
6 Il Signore veglia sul cammino dei giusti,
ma la via degli empi andrà in rovina.

Io cerco il tuo volto

Da qualche tempo amiamo, soprattutto in certi momenti, pregare con il Salmo 27 e abbiamo deciso di proporlo anche a voi, carissimi amici dell’eremo. Sono parole semplici ma capaci di aiutare la buona vita di quanti si affidano al Signore e a nessun altro. Vi invitiamo a leggerlo lentamente soppesando le parole confrontandolo con la vostra vita in questo tempo. Buon cammino su “Strade di coraggio”.

Franca e Vincenzo osb-cam

 q

Il trionfo della fede
Sl 3; 4Ro 8:31, ecc.
1 Di Davide.
Il SIGNORE è la mia luce e la mia salvezza;
di chi temerò?
Il SIGNORE è il baluardo della mia vita;
di chi avrò paura?
2 Quando i malvagi, che mi sono avversari e nemici,
mi hanno assalito per divorarmi,
essi stessi hanno vacillato e sono caduti.
3 Se un esercito si accampasse contro di me,
il mio cuore non avrebbe paura;
se infuriasse la battaglia contro di me,
anche allora sarei fiducioso.
4 Una cosa ho chiesto al SIGNORE,
e quella ricerco:
abitare nella casa del SIGNORE tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del SIGNORE,
e meditare nel suo tempio.
5 Poich’egli mi nasconderà nella sua tenda in giorno di sventura,
mi custodirà nel luogo più segreto della sua dimora,
mi porterà in alto sopra una roccia.
6 E ora la mia testa s’innalza sui miei nemici che mi circondano.
Offrirò nella sua dimora sacrifici con gioia;
canterò e salmeggerò al SIGNORE.
7 O SIGNORE, ascolta la mia voce quando t’invoco;
abbi pietà di me, e rispondimi.
8 Il mio cuore mi dice da parte tua: «Cercate il mio volto!»
Io cerco il tuo volto, o SIGNORE.
9 Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo;
tu sei stato il mio aiuto; non lasciarmi, non abbandonarmi,
o Dio della mia salvezza!
10 Qualora mio padre e mia madre m’abbandonino,
il SIGNORE mi accoglierà.
11 O SIGNORE, insegnami la tua via,
guidami per un sentiero diritto,
a causa dei miei nemici.
12 Non darmi in balìa dei miei nemici;
perché sono sorti contro di me falsi testimoni,
gente che respira violenza.
13 Ah, se non avessi avuto fede di veder la bontà del SIGNORE
sulla terra dei viventi!
14 Spera nel SIGNORE!
Sii forte, il tuo cuore si rinfranchi;
sì, spera nel SIGNORE!

Amate i vostri nemici

Vangelo di Matteo 5, 43-48

“Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere
sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne
avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che
cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti
come è perfetto il Padre vostro celeste».

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È bello questo vangelo … È consolante … È  liberamente … È pacificamente … Le parole di Gesù donano serenità ad ogni cuore che crede di avere nemici e a quelli che nemici li hanno per davvero.

È un vangelo per tutti (per me, per te, per quanti sentono di essere odiati e non lo sono e per quelli che lo sono davvero). Resta il mistero di un Dio che ama e che permette all’uomo, a qualsiasi uomo, di farlo ma che gli consente anche di fare del male.

Tutti facciamo esperienza del mistero del male che si insinua in maniera subdola ovunque e certe volte è capace di produrre azioni che superano l’immaginazione. Certo, quando il reale supera l’immaginazione, anche i sogni potrebbero  perdere la loro consistenza. Ma se Dio lo permette è segno che ciò è necessario e, quindi, i chiamati vivano la realtà sorridendo … Crediamo, infatti, che è proprio nell’incomprensione e nelle difficoltà che Gesù ha vissuto la sua missione e l’uomo chiamato a vivere da cristiano non è solo un privilegiato bensì un prescelto a vivere un pizzico dell’esperienza inarrivabile di Gesù.  Perciò godiamoci il momento con la consapevolezza di essere amati profondamente dal Padre che ci mette ogni giorno alla prova e ci da forza, coraggio e, forse, qualche amico per attraversare la notte. Una notte che pur se fosse lunga tutta una vita sarebbe comunque da vivere e amare con la gioia nel cuore. Nessuno potrà mai scalfire la fiducia nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Ci sarà sempre la risurrezione e nell’attesa viviamo da cristiani autentici amando e amando con tutte le nostre forze i nostri nemici cercando di sperare nella conversione di cui tutti abbiamo bisogno. AMEN.

Franca e Vincenzo osb-cam

Il perdono non e’ un cammino facile

Uno degli ultimi profeti del Primo Testamento ci offre questa profezia enigmatica che ha influenzato gli scrittori del Secondo Testamento nella loro riflessione su Gesù e il significato della croce.

Un personaggio misterioso è stato messo a morte. È paragonato a un “figlio unico”, a un “primogenito”. Ancora più sorprendente, si confonde con Dio stesso fino ad indentificarsi con lui, dal momento che la traduzione letterale dall’ebraico, seguita in italiano, è “… guarderanno a me, colui che hanno trafitto”. In seguito a questa violenza, che è anche una profanazione del paese (il verbo “trafiggere” in ebraico evoca anche la nozione di “contaminare”), Dio manda il suo Spirito sugli anziani e su quelli ad essi associati, ciò porta alla conversione. I colpevoli guarderanno in faccia il male che hanno commesso ed entreranno in un processo di lutto, espressione del pentimento.

Questo dolore si concretizza in una cerimonia la cui qualità liturgica è espressa dalla sua struttura: ogni clan separatamente, uomini e donne separati … Risultato: una sorgente sgorga per purificare quelli che in precedenza erano impantanati nella colpa e nel rifiuto della Sorgente della loro esistenza.

I tentativi d’identificare questo Trafitto non sono mancati, ma nessuna figura storica sembra fare il caso. Il paragone più vicino è il misterioso Servo del Secondo Isaia: anche lui è stato trafitto/profanato (Isaia 53,5) e la sua sofferenza e la sua morte provoca, a posteriori, un cambiamento del modo di vedere da parte di coloro che, in precedenza, lo deridevano. Pertanto, essi capiscono che questo infortunato era dalla parte di Dio, nonostante il suo aspetto pietoso.

In realtà, l’unico personaggio storico che corrisponde a questo ritratto è proprio Gesù, anche se arriverà sulla scena solo qualche secolo più tardi. L’Apocalisse (1,7) evoca la profezia di Zaccaria parlando della manifestazione di Cristo nella gloria, quando la sua vera identità viene rivelata. E nel suo Vangelo (19,37), Giovanni l’utilizzata al momento della morte di Gesù: innalzato sulla croce, visibile a tutti, la sua identità può essere percepita da coloro che hanno gli occhi per vedere, occhi illuminati dalla fede.

Questa parola del profeta è una profonda riflessione sul perdono divino. Questo perdono è sempre offerto, anche dopo i crimini più abominevoli, ma passa inevitabilmente attraverso la contemplazione di Colui che assume tali trasgressioni annegandole nella misericordia di Dio. Guardare in faccia le vittime della nostra mancanza di amore per vedere quello che abbiamo fatto è un primo passo sulla via della guarigione. Tuttavia, bisogna fare un ulteriore passo: discernere nella Vittima per eccellenza colui che risponde all’odio con l’amore e che offre sempre un nuovo inizio. Dio non è né colui che giustifica i nostri rifiuti né colui che punisce le nostre mancanze, ma colui che si identifica con le vittime dell’ingiustizia assimilandole al suo Figlio. Contemplare in Gesù l’Amore beffeggiato che continua ad amare fa sciogliere i nostri cuori induriti e permette che possa scaturire una sorgente di perdono per trasformarci da cima a fondo.

Comunità di Taize

Per riflettere

- “Il perdono non è un percorso facile”. Il testo di Zaccaria come illustra questa affermazione? Come descriverei il cammino del perdono indicato qui?

- Concretamente, come contempliamo Colui che abbiamo trafitto e quali sono le conseguenze nella nostra esistenza?

- Che cosa ci permette di guardare in faccia le vittime delle nostre società e confessare la nostra complicità al loro stato d’oppressione?

Zaccaria 12 ,10—13 ,1: Contemplare la Vittima
Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito. In quel giorno grande sarà il lamento a Gerusalemme, simile al lamento di Adad-Rimmon nella pianura di Meghiddo. Farà lutto il paese, famiglia per famiglia: la famiglia della casa di Davide a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Natan a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Levi a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Simei a parte e le loro donne a parte; tutte le altre famiglie a parte e le loro donne a parte. In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità. (Zaccaria 12,10–13,1)

Ogni pecora è insostituibile

 

Questo doveva apparire Gesù a chi si avvicinava a lui per ascoltarlo.

Nessuno escluso, tutti i pubblicani e i peccatori, coloro che sono ritenuti lontani da Dio dalle autorità religiose del tempo, fanno un movimento verso Gesù, che per primo sa fare spazio all’incontro.

Diverso è l’atteggiamento di scribi e farisei.

Osservano senza veramente interagire, si scandalizzano della libertà di Gesù e mormorano. Dicono tra i denti il loro disappunto.

Mormorare è quel brusio di fondo che inquina le nostre relazioni, è dire sibilando quello che non si osa dire apertamente.

È il linguaggio dell’invidioso e del pauroso.

È il nostro linguaggio di quando, presi dalla logica del confronto, non sopportiamo che qualcuno abbia quello che crediamo spetti a noi di diritto.

È il nostro linguaggio di quando temiamo il confronto aperto e cerchiamo alleati, almeno all’apparenza, che confermino la solidità delle nostre posizioni.

È il linguaggio di chi non ha saldezza in sé e per affermarsi deve distruggere tutti quelli che sente come potenziali nemici e allora insinua, divide e in fondo spera che le pecore diverse, che si distinguono dal gregge, si perdano.

Ma diverso è Gesù che abbraccia con coraggio tutta l’umanità nella sua complessità e nella sua miseria.

Sa che ogni pecora è insostituibile, ogni moneta unica.

Gesù sa rischiare la parola scomoda ed eloquente e sa tacere, ultima risorsa a cui attingere quando una parola sensata non è possibile perché non ascoltabile.

Sa che il contrario di mormorare non è parlare, ma accogliere.

Non conosciamo perché la pecora si è persa, qui non viene fatto nessun commento morale, non ci sono attribuzioni di colpe, ma una sola cosa necessaria : la pecora è persa bisogna andare a cercarla.

Lasciare le novantanove nel deserto le espone a pericoli, ma quella persa non può essere abbandonata. Così vale per ciascuno di noi, nessuno è trascurato, abbandonato da Dio, che continua a cercarci pronto a fare festa quando ci trova, non importa quanto lontano e quanto faticoso sia stato raggiungerci.

La donna spazza la casa, compie tutta una serie di azioni volte ad indicare che proprio quella moneta che si è persa, per il fatto stesso di essersi persa è più importante di tutte le altre.

Non c’è in queste due parabole un calcolo di convenienza, ci viene da chiederci: vale la pena fare tanta fatica per così poco? Che cos’è una pecora di fronte a novantanove, una moneta di fronte a nove?

Qui c’è un problema di qualità, non di numero. La logica del numero è la logica dell’identico, dell’indifferenziato, la logica della qualità vede invece l’irripetibile unicità di ciascuno.

Vale la pena esporsi alla derisione e al disprezzo di coloro che sono ritenuti giusti per sedere a tavola di chi attende con gratitudine uno spazio in cui sentirsi accolto per come è e trovare così il coraggio di percorrere una via di amore e di vita.

Per una persona sola vale la pena, Gesù l’ha fatto per tutti noi e questa è la logica della croce di cui ogni tanto intravediamo l’ombra nelle nostre scelte più coraggiose.

sorella Elisabetta del Monastero di Bose

Lc  15,1-10

In quel tempo, 1 Si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:
4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta». 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. 8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto». 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

La vita e’ superiore alle parole

“La conoscenza è l’amore. La strada per la conoscenza è l’amore. L’amore di cui parliamo, però, è  l’amore del fare, l’amore che si fa azione, l’amore che è vita, … sangue. Il resto, tutto il resto, sono parole, parole che anche se belle, restano tali. Meglio restare fedeli alla vita concreta che alle parole-cornice. Se davvero  crediamo in Dio delle parole chiacchiere non sappiamo proprio cosa farcene. Viviamo la vita fedeli alla Parola  e tutto il resto lasciamolo ai prestigiatori delle parole.

Franca e Vincenzo osb-cam

Dal Vangelo di Matteo 23, 1-12

Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati «rabbì» dalla gente.
8Ma voi non fatevi chiamare «rabbì», perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate «padre» nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10E non fatevi chiamare «guide», perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.11Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato

 

 

Bene dire

Dire bene, gioire e perdonare,
ma soprattutto amare.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri.

Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia.

La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità.

Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile.

Accogliere il grido degli ultimi

Poveri, storpi, zoppi e ciechi,
eccoli i nostri Amici.
Sono loro le persone da accogliere.
Ma, siamo capaci di dare senza attendere nulla in cambio?
Siamo capaci di dare senza calcoli?
Siamo capaci di fidarci di Dio?
Siamo capaci di perdere?
Siamo capaci di evitare i privilegi?
Siamo capaci di respingere gli onori?

Franca e Vincenzo osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Profeti del servizio: semplici e obbedienti

L’umiltà è farsi ultimo ed essere ultimo.
Ma come si fa? Come si fa in un mondo dove orgoglio, successo e potere sono diventati i grandi valori di riferimento?
La via è unica: è la via dell’obbedienza e della semplicità, la via di farsi “servi” degli ultimi. di chi soffre, di chi è solo e abbandonato. La via è quella di chi non giudica, di chi decide di farsi compagno di strada del povero, del rifiutato, di chi è solo ed escluso. La via del silenzio.
Se riusciremo a fare questo saremo davvero sollevati sul palmo della mano di Cristo e avvertiremo la sua tenera carezza che ci mostra la sua protezione. Saremo come il Padre ci vuole: servi dell’amore.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato

Aquila e Priscilla