L’ Abate tiene il posto di Cristo

 

Iniziamo oggi a scoprire la figura dell’Abate che, come vedremo, non è un “capo” ma un vero Padre che ha la responsabilità di guidare i monaci del suo monastero e ne è responsabile. Il suo è un compito di grande impegno e coinvolgimento del quale è chiamato a dare conto a Dio proprio come un padre di famiglia nei confronti dei figli. L’Abate, perciò, svolge un servizio bello e coinvolgente da esercitare con premura e amore senza risparmiarsi per il bene dei monaci affidati dal Signore alle sue cure.

  1. Un abate degno di stare a capo di un monastero deve sempre avere presenti le esigenze implicite nel suo nome, mantenendo le proprie azioni al livello di superiorità che esso comporta.

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Rinunciare alla propria volonta

Il prologo della Regola prosegue chiarendo che essa si rivolge a chi ha deciso di rinunciare alla propria volontà. In particolare chi vuole seguire la Regola di San Benedetto si sottopone alla volontà del Signore Gesù Cristo.

È una scelta di campo molto netta che per essere seguita necessita di molta preghiera. Ed è così che il prologo prosegue con queste parole …

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Viaggio nella Regola di San Benedetto

Ascolta, o figlio, gl’insegnamenti del maestro, e piega l’orecchio del tuo cuore; accogli volentieri i consigli dell’affettuoso padre e ponili vigorosamente in opera: perché tu possa per la fatica dell’obbedienza ritornare a Colui dal quale ti eri allontanato per l’inerzia della disobbedienza. ( inizia oggi un viaggio nella Regola di San Benedetto che durerà per 50 giorni).

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Donne diacono e non solo

Di donne “diacono” o collaboratrici nell’evangelizzazione, di donne profetesse o comunque con ruoli importanti nelle prime comunità cristiane è piena la Scrittura e non saremo certo noi a dirimere il nodo che il papa ha affidato alla commissione vaticana che sta studiando il diaconato femminile. Ciò che in questo momento a noi sta a cuore è quello di ridare visibilità ad una Chiesa profondamente evangelica capace di mostrare nel quotidiano un desiderio di partecipazione e di corresponsabilità che, purtroppo, da più parti manca o viene solo fintamente sbandierata.

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Neanche io ti condanno

Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

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Servo ed escluso

In un paese lontano accadde questo: un giorno un servo di nome Nemo si presentò, come sempre, per prestare la sua opera ma il suo padrone restava in silenzio.

Il servo attendeva ma non riceveva ordini. Passarono i giorni, passarono i mesi … il servo non contava più il tempo. In fondo quando era più giovane lo avevano chiamato e lui aveva detto si. Ora pur potendo ancora svolgere un compito nessuno gli diceva più che fare anzi aveva anche sentito dire che la sua presenza non era per nulla gradita. Da chiamato a servire ora era diventato un escluso, un reietto, uno scarto, un anawin … E questo per lui era diventata, di fatto, una benedizione. In un primo momento non lo aveva capito ora, però, aveva imparato a vivere il suo essere servo servendo nel silenzio e nel buio. L’unica cosa che gli era rimasta era “fare” da campanello d’allarme: testimone quotidiano con una presenza che è di fatto denuncia con la speranza di scuotere le coscienze. Forse questo era il modo migliore per raccontare con la vita il suo essere servo.

Ed eccolo un testimone che sulla sua pelle vive l’esclusione

Aquila e Priscilla