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Come fare la lectio divina

In preparazione del nostro viaggio nella Parola di Dio con il metodo della Lectio divina vediamo cos’è e come si fa.

Abbiamo oggi è domani per entrare in questa dimensione di “ascolto” personale e provare. Da lunedì, invece, avremo tutti un piccolo passo al giorno di un libro della Bibbia sul quale fare la nostra meditazione personale.

Buon fine settimana e buona preparazione

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

le icone di Bose, volto di donna - stile copto

Preliminari per la lectio divina:

Un luogo di solitudine e di silenzio:qualche minuto di silenzio per situarmi davanti alla presenza di Dio che mi parla. In ginocchio o prostrato o comunque teso con tutto il mio corpo ad essere recettivo nei confronti della presenza di Dio.

Un tempo stabilito a cui restare fedeli

Disporsi all’ascolto del Dio che mi parla attraverso le Scritture.

Scopo della lectio: la contemplazione di Dio. Mossi dallo Spirito ci uniamo a Cristo, alla sua preghiera e con lui e per lui e in lui andiamo al Padre

Distacco da me stesso, esodo dal mio io all’io di Cristo, dalle cose della terra alle cose del cielo.

Riaffermazione del mio battesimo: non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me, perciò io sono la Parola di Dio.

Silenzio interiore: condizione indispensabile per il discernimento. Far tacere tutto ciò che mi preme per poter ascoltare la Parola.

Confessione di impotenza: non in balìa dei miei sentimenti, ma oggettivamente, mi riconosco pecora smarrita, cieco nato, paralitico, e ringrazio Dio di essermi venuto a cercare.

Tappe della lectio:

Momento orante iniziale

Invocazione dello Spirito santo
(una strofa del Sal 119 oppure il Veni Creator Spiritus o il Veni Sancte Spiritus o altre invocazioni).

Confessione di fede: nel testo vedo Cristo, icona del Padre.

Lectio
Leggere il testo più volte e cercare ci capirlo.
Usare se possibile la Bibbia.

Meditatio

Approfondimento del messaggio letto.

Ricorso eventuale a sussidi

Applicazione del testo a me stesso e di me stesso al testo.

Vedere il proprio comportamento verso e nella comunità, la chiesa, l’umanità.

Oratio

Dialogo con il Signore che mi ha parlato attraverso il testo Dare del “tu” al Signore
Ringraziamento, supplica, intercessione

Rapportare il tutto all’Eucaristia

Contemplatio

Che cos’è? Non visione mistica, ma spirito di makrothymia, di compassione, di ringraziamento, di pazienza, di pace.

E’ l’efficacia della Parola: la dilatazione del cuore nella carità.

Condivisione

Se lo desidero condivido un pensiero.

Luce che rischiara

Ti ho tanto cercato,
nei libri,
nella preghiera,
nelle parole degli altri,
ma poi, nel silenzio,
in penombra,
al bagliore di una fioca candela,
che tremolante,
lasciava intravedere una croce
ho scoperto il tuo sguardo.

I tuoi occhi
hanno incrociato gli occhi del mio cuore,
le tue mani hanno sfiorato le mie,
il tepore della tua Parola ha offerto calore,
suscitato emozioni, sollecitato un fremito …

Il mondo si è colorato dell’arcobaleno,
la tua pace ha conquistato la mia vita,
finalmente ti ho visto …
l’altro, prima solo altro, si è vestito di Te,
la Tua luce ha illuminato il mio presente.

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Parola del Signore

Dire “Grazie”

Questo primo giorno del 2018 nel quale ci facciamo gli auguri per il nuovo anno, la Chiesa ci propone la festa di Maria, Madre di Dio ed anche la Giornata della Pace. Desideriamo unire tutto  in una semplice  preghiera di ringraziamento  scritta da un campesino sudamericano e mettere, con piena fiducia, la nostra vita, nelle mani del Padre.

Franca e Vincenzo, oblati osb-cam

 

Signore,
alla fine di questo anno voglio ringraziarti
per tutto quello che ho ricevuto da te,
grazie per la vita e l’amore,
per i fiori, l’aria e il sole,
per l’allegria e il dolore,
per quello che è stato possibile
e per quello che non ha potuto esserlo.

Ti regalo quanto ho fatto quest’anno:
il lavoro che ho potuto compiere,
le cose che sono passate per le mie mani
e quello che con queste ho potuto costruire.

Ti offro le persone che ho sempre amato,
le nuove amicizie, quelli a me più vicini,
quelli che sono più lontani,
quelli che se ne sono andati,
quelli che mi hanno chiesto una mano
e quelli che ho potuto aiutare,
quelli con cui ho condiviso la vita,
il lavoro, il dolore e l’allegria.

Oggi, Signore, voglio anche chiedere perdono
per il tempo sprecato, per i soldi spesi male,
per le parole inutili e per l’amore disprezzato,
perdono per le opere vuote,
per il lavoro mal fatto,
per il vivere senza entusiasmo
e per la preghiera sempre rimandata,
per tutte le mie dimenticanze e i miei silenzi,
semplicemente… ti chiedo perdono.

Signore Dio, Signore del tempo e dell’eternità,
tuo è l’oggi e il domani, il passato e il futuro, e, all’inizio di un nuovo anno,
io fermo la mia vita davanti al calendario
ancora da inaugurare
e ti offro quei giorni che solo tu sai se arriverò a vivere.

Oggi ti chiedo per me e per i miei la pace e l’allegria,
la forza e la prudenza,
la carità e la saggezza.

Voglio vivere ogni giorno con ottimismo e bontà,
chiudi le mie orecchie a ogni falsità,
le mie labbra alle parole bugiarde ed egoiste
o in grado di ferire,
apri invece il mio essere a tutto quello che è buono,
così che il mio spirito si riempia solo di benedizioni
e le sparga a ogni mio passo.

Riempimi di bontà e allegria
perché quelli che convivono con me
trovino nella mia vita un po’ di te.

Signore, dammi un anno felice
e insegnami e diffondere felicità.

Nel nome di Gesù, amen.

Andare sospinti dal vento

Andare,
andare sospinti dal vento,
lasciare il vuoto dei giorni,
entrare nel “senso della vita”,
immaginare il “vero”,
ascoltare,
ogni movimento,
ogni minimo sussulto,
ogni più piccolo alito di vento,
riempirsi
dello Spirito,
di gioia,
di bellezza.

Davanti al mistero,
le parole
scrivono futuro,
dicono dell’Unico,
offrono orizzonte.

È questo il tempo,
il tempo di “essere” autentici,
veri e profondamente umani.

Il tempo di accogliere il mistero,
l’unico piano capace di salvarci.

E allora,
Maria vieni,
vieni a visitarci,
porta il mistero nella nostra vita
e donami vita, vita vera.

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

+ Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Parola del Signore

Un fiore nel deserto

Una voce, un invito …
mi nascondo.
Sono in una grotta,
chiuso dentro di me.

La voce di Giovanni
continua ad alzarsi,
tocca i deserti dell’anima
solleva antiche barriere,
apre al Mistero atteso
e i nervi scoperti scuotono,
scuotono una vita disperata.

Uno sguardo curioso scruta l’oltre,
accenno un piccolo passo,
provo ad avvicinarmi,
la strada è piena di ostacoli,
pericoli, inganni e paure.

Devo, devo andare,
non posso più stare nascosto.

Spero nella Luce
e apro il cuore
in attesa dell’insperato
ed ecco
tra le pietre
spunta un fiore
e un raggio di sole
lo fa brillare.

Il cuore si desta
e anche il deserto
sembra un giardino.

Raccolgo l’invito e volo, Volo alto.

Coraggio, si può fare !!!

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Mc 1,1-8
Raddrizzate le vie del Signore.

Dal Vangelo secondo Marco

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri»,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Parola del Signore

Ai cercatori d’infinito

Zaino in spalla, scarponi ai piedi e tanta voglia di camminare. È questa l’immagine del pellegrino, del cercatore d’infinito, del viandante sempre in movimento, dell’uomo che vuole trovare il Dio misterioso. Per entrare in questo club basterà alzare gli occhi al cielo, scrutare le stelle, orientarsi e spingere i propri passi nella direzione che il cuore ci indicherà e quando saremo stanchi, affaticati e oppressi ci fermeremo a riprendere fiato e ad osservare questo pazzo mondo che se lo vedi bene ti appare sempre agitato e in movimento ma senza una meta, senza un progetto. Ora tu, almeno tu, non farti prendere da questa follia, da questa inutile e inappagante corsa capace solo di condurre nel vuoto esistenziale. Allora proviamo insieme a guardare il cielo, rivediamo le stelle e riprendiamo a camminare dando un senso alla vita, a questa unica vita, che non possiamo sciupare rincorrendo miti fantastici. E così già da oggi, come ci propone il Vangelo di Luca, sentiamoci chiamati da Gesù e chiediamo di essere guariti dalle malattie che ci affliggono, di essere liberati dagli spiriti impuri e proviamo a distendere la mano per toccare il lembo del suo mantello.

Franca e Vincenzo osb-cam

Dal vangelo di Luca

“… erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti…”.

Il sole e quelle tre sedie

Chissà dove andrà a nascondersi il sole dopo il tramonto. Chissà se domani mattina tornerà più forte di prima. Chissà …
Ieri sera eravamo in riva al mare e una leggera brezza accarezzava la nostra pelle mentre la memoria ridava corpo a fatti e persone. Tutto intorno c’era un silenzio quasi irreale e i nostri sguardi s’incrociavano animando un dialogo di emozioni mentre le mani si stringevano con delicatezza e forza allo stesso tempo.
L’unica parola è stata l’ascolto della Parola che dava unità ai pensieri e delineava prospettive di futuro.
C’è sempre un futuro, c’è sempre un domani, c’è sempre un oltre che nessun umano può impedire.
Domani mattina una nuova alba ci donerà ancora un giorno da vivere, un giorno per dare corpo alle speranze, un’occasione per aggiungere particolari al capolavoro delle nostre vite che come semplici fiori di campo danno al prato una punta di colore in più.

Ma in questo scatto non c’è solo il tramonto ci sono anche tre sedie apparentemente vuote. L’occhio non percepisce, infatti, ciò che solo il cuore vede: tre persone che guardano con noi il sole che se ne va e contemplano questo mondo nel quale ancora oggi ci sono donne e uomini con il desiderio di imitare i tre “invisibili” la cui presenza però la senti nel cuore.

Quante cose in un semplice tramonto!!!

Franca e Vincenzo osb-cam

Il mare, il vento, la bussola e i remi

L’immensità del mare evoca l’immagine del Dio infinito, aiuta la contemplazione e il perenne diffondersi delle onde sembra richiamare la continua agitazione dell’uomo. Si sa che “l’alta marea cancellerà le mie orme e il vento dissipera’ la schiuma delle onde, ma il mare per sempre rimarrà ” Gibran.

E a proposito di vento ricordiamo con Socrate che “non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare. E, lo stesso mare appare una chiara metofora della vita nella quale per sapersi orientare occorre “la bussola” che, come dice un antico proverbio, “non ti dispensa dal remare”.

Cristo è la nostra bussola che ci invita a remare e se, con libertà, lo seguiamo non saremo mai sconfitti. Egli ha vinto il mondo (il male) grazie alla sua Potenza incomparabile.

E allora, apriamo gli occhi del nostro cuore per vedere  «qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi» (1,19). Più , quindi, riusciamo a contemplare, più rafforziamo «l’uomo interiore» (3,16), e, perciò, la nostra capacità  di fare scelte buone. Questo, infatti, qui all’eremo,  è il tempo di fare scelte importanti. Si tratta di scelte radicali per scrollandoci di dosso , ormai, persone, situazioni e ambienti che si sono fatti davvero pesanti e opprimenti. Tutte cose che impediscono alla vita in Cristo di potersi esprimersi con pienezza. La libertà che Cristo ci ha donato non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo tradire.

Franca e Vincenzo osb-cam

Efesini 3,14-19

Per questo, piego le mie ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni stirpe nei cieli e sulla terra prende nome, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati per il suo Spirito nell’uomo interiore, e che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori, radicati e fondati nell’amore, perché siate in grado di cogliere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate colmati, in vista dell’intera pienezza di Dio.

 

Non cederemo

Condividiamo con voi questa bellissima lettera di professione di fede alla vita nata in un’assemblea di sole donne domenicane. Vi suggeriamo di leggerlo con calma e lentamente. A noi appare un vero programma per la vita e la gloria di Dio.

*****     

 «Mi guardi il Signore dal cederti l’eredità dei miei padri» (1 Re 21,3)

 

Siamo un gruppo di donne di differenti età ed esperienze di vita. Apparteniamo come religiose all’Ordine domenicano che da secoli ci ha lasciato un’unica eredità: la passione per l’umanità e il cosmo, insieme ad alcuni strumenti per prendercene cura, cioè la contemplazione, la parola condivisa, la sete della verità e il bisogno di mendicarla sempre e ovunque.

Tante volte abbiamo tradito queste intuizioni, ma nelle nostre più diverse esperienze la passione non è mai venuta meno così come non si è mai interrotto il legame con ogni realtà che ci ospita.
Abbiamo coscienza di essere un gruppo molto piccolo rispetto a tutte le donne del mondo e al resto dell’umanità, ma comunque siamo donne con l’esperienza di una ricerca quotidiana fatta di attenzione a ogni palpito della vita interiore, della storia e delle storie degli altri.

La nostra esperienza riguarda la relazione con il Mistero contemplato, ricercato e pensato tra di noi, negli altri e nell’ambiente. Tante volte abbiamo constatato che la speranza non è passiva attesa ma immaginazione, desiderio di ricercare sempre e insieme. L’esperienza di fede ci ha aiutato a intuire che più si ha sete e fame del divino, più si ha sete e fame di giustizia e pace: due possibilità che la storia ha e che nello scorrere del tempo e con lo sforzo dell’umanità riusciranno ad abbracciarsi. (Cfr. Sal 85,11). Per questo professiamo pubblicamente che non vogliamo svendere la preziosa eredità che ci è stata data.

  • Non cederemo fratelli, sorelle e cosmo a nessun sistema politico, economico o religioso, che sia contro di essi, che sia escludente, che crei divisione, che sia rigidamente gerarchico.
  • Non cederemo i giovani al potere subdolo del denaro, all’ignoranza voluta da chi li preferisce inerti, disoccupati, a chi li compra con inganno e invece di istruzione mette loro in mano armi e droghe.
  • Non cederemo le donne all’arroganza degli uomini e al loro disprezzo in ogni ambito: familiare, sociale, culturale e religioso.
  • Non cederemo i popoli ai mercanti di armi e a chi li costringe a usarle in cambio di un falso sviluppo per una nuova colonizzazione che li rende profughi ed esiliati.
  • Non cederemo la terra e le sue risorse, insieme a tutta la sua bella biodiversità, alle multinazionali e a chi le gestisce sotto la veste di benefattori.
  • Non cederemo la bellezza delle diversità umane a chi le vuole uniformare o escludere, in nome di falsi principi morali.
  • Non cederemo “l’anima” di nessun essere vivente a chi la vuole soffocare o a chi se ne vuole appropriare.
  • Non cederemo la bellezza né il sogno né il desiderio infinito.

Molti popoli e molti individui conoscono che cosa significa soffrire e vivere in stato di esilio, sentirsi privati dei propri sogni oltre che dei propri beni.

Dice un testo della sapienza ebraico-cristiana: Presso i fiumi di Babilonia, là sedevamo e anche piangevamo, ricordandoci di Sion. Sui salici in quella terra, avevamo appeso le nostre cetre […] Come potevamo cantare un canto del Signore su suolo straniero? (Sl 137,1-4)

In qualche modo, oggi, tutti siamo un po’ esiliati, un po’ stranieri, in parte schiavi e in parte liberi. Il nostri destini sono profondamente legati, al di là dell’essere credenti o non credenti, appartenenti a questo o quell’altro popolo, a questa o quell’altra religione. Siamo parte dello stesso cosmo ed esso a tutti appartiene; tutti siamo un po’ terra, piante, aria, acqua, mari, fiumi.

Dunque, se ai salici vogliamo appendere qualcosa, non permetteremo che si appendano gli strumenti della gioia; non permetteremo che si appendano gli strumenti di lavoro, i titoli di studio, i quaderni, i libri, le foto dei nostri familiari. Lasceremo invece appesi, gli strumenti di morte: le divise da militari e guerrieri, gli stivali e gli scarponi sporchi di sangue e ogni strumento violento. Lasceremo lì vicino le testate nucleari e gli aerei da guerra, insieme agli scheletri degli edifici della finanza mondiale, trasformandoli in resti da museo a testimonianza della stupidità umana.

Ci rendiamo conto che il nostro piccolo gruppo non ha nessun particolare potere e nessuna soluzione per portare avanti da solo queste possibili trasformazioni. Ciò che possediamo infatti è solo l’autorità dell’immaginazione che ci è data dalla nostra fede e dalla passione per questa bella e allo stesso tempo fugace e complessa realtà umano-cosmica, che appartiene ai miti, cioè a quanti sulla terra prendono poco posto.
E noi sappiamo che sulla terra, ci sono ancora tanti miti. Con essi condividiamo questa professione di fedeltà alla vita e a Chi, prima di noi, l’ha immaginata.

Mail di riferimento:

Giacomina Tagliaferri (Torino):giacominatagliaferri@alice.it

Stefani Baldini (Prato):leda.stefania@gmail.com

Fabrizia Giacobbe (Firenze):fabrizia.giacobbe@gmail.com

Anmtonella Olivero (Pistoia):antonella.olivero@mail.com

Antonietta Potente (Torino):antopot1@hotmail.com

Copyright © 2016, Valmaconsult

Unione Suore Domenicane San Tommaso D’Aquino

Testo nato dall’Assemblea Capitolare tenutasi a Mondovì – Luglio 2015

Il crocifisso della Chiesetta nuova

Viaggiando nel buio di una notte senza luna ho incontrato un uomo che, ai più, appariva solo, stanco, sporco e smagrito. Tutti i passanti andavano di fretta e nessuno sembrava lo avesse notato seduto su un gradino di una delle strade principali della città. Erano lontani i tempi nei quali in molti si erano avvalsi di lui. Da poco quell’uomo aveva ricevuto notizia di essere stato sfrattato con tutta la sua famiglia. Non sapeva che fare e dove andare e continuava a far finta di pensare. In realtà non riusciva a capire perché gli stava capitando tutto questo.
Passavano le ore e lui continuava a restare li dov’era mentre attorno a se tutto continuava a muoversi come prima e sempre piu veloce. Lui con gli occhi persi nel vuoto pensava a cosa avrebbe potuto fare ma il cervello era come se fosse bloccato. Aveva tentato di chiamare qualche amico ma aveva capito che non era aria. Aveva ricevuto risposte molto vaghe e in qualche caso anche meravigliate. Tra l’altro non riusciva a comprendere neanche la ragione vera che aveva indotto il padrone della casa ad intimargli di lasciare libero l’appartamento.
Intanto passavano le ore e la notte era già alta. Il buio avvolgeva l’aria e lui non era riuscito a tornare a casa. … Ad un certo punto si accorse che era davvero tardi. Tentò di telefonare a casa ma o non riusciva a fare il numero oppure non c’era più campo.
Fu a quel punto che stanco, sfiduciato, avvilito si sedette su una vecchia panchina del metrò e Morfeo si impadroni di lui. La dov’era rischiava grosso. Si sa che la notte è il regno dei ladri e della gente di malaffare e lui rischiava grosso. Fu allora che decise di trovare un riparo. Non trovò nulla di meglio che il porticato di una Chiesa diroccata. Decise di restare li fino a quando non sarebbe passata la notte. Intanto pregava non tanto con le parole quanto contemplando un vecchio crocifisso che sembrava l’unica cosa rimasta in piedi di quella Chiesa distrutta dall’incuria. Eppure proprio fissando lo sguardo su quel vecchio crocifisso egli sembrava rianimarsi. Sotto il crocifisso c’era una scritta: “Crocifisso donato da Papà Giovanni XXIII alla Chiesetta nuova del Gesù misericordioso”. Fu in quel momento che un lampo di luce gli fece intravedere qualche brandello di verità sulla sua condizione ma era troppo tardi per tornare indietro. Tutto il passato era irrimediabilmente compromesso occorreva ripartire dall’inizio ma era un compito impari e lui non poteva far nulla. Rassegnato cercò di prendere sonno sperando che al risveglio i suoi occhi potessero vedere l’alba nuova.

Franca e Vincenzo osb-cam